BRUNO ROMBI
Il Doge
dall'11 maggio al 6 giugno 2010
Entrare nell'ordito della pittura, ricercarne la matrice nel dettaglio, fare più attraverso la concentrazione sul meno, è impresa che ha attraversato l'arte a partire dagli ultimi decenni dell'Ottocento, quando gli Impressionisti infransero, costruendo per tocchi rapidi e cromaticamente autonomi, il continuum del dipinto. Se l'introduzione alla mostra di un singolo autore, Bruno Rombi, non è sede appropriata per rievocare partitamente una vicenda così lunga e multiforme, come si è disegnata tra l'applicazione degli esiti delle osservazioni scientifiche di Chevreul sulla scomposizione della luce da parte dei Pointillistes e dei Divisionisti, loro omologhi italiani, sino alle indagini condotte dagli esponenti della Pittura Analitica o di gruppi come BMPT o Support(s)-Surface(s), è tuttavia necessario metterne in rilievo la valenza profonda e tuttora operante, proprio in rapporto ai lavori che vengono ora esposti nella rassegna allestita negli spazi della gallerie "Il Doge".
Personalità poliedrica, impegnata a fondo sui fronti della poesia, della narrativa, della critica letteraria, Bruno Rombi ha trovato nella pittura un campo di ricerca parallelo, coltivato forse - almeno pubblicamente - con maggior parsimonia, nel quale ha proposto, negli anni '70, una peculiare sintesi fra traccia figurativa, impianto geometrico ed esuberanza del colore, ricavandone immagini sostanziate dall'ambiguità percettiva fra la parvenza ornamentale e i misurati equilibri deputati a governare la composizione.
Degli esiti anteriori, le opere più recenti di Rombi si piegano a scandagliare il substrato, immergendosi all'interno del fatto cromatico, in quella sorta di terrain vague che si colloca fra l'origine e la meta, fra l'ancora-niente e l'ormai-tutto della pittura. Nascono così trame animate dalla pura fisicità del colore, articolate su strutture elementari, che poco o nulla concedono al segno e si polarizzano su ripetizioni dispiegate a far emergere ritmi, su sequenze che - come sillabe - si aggregano a creare "piccole frasi", modulate in variazioni appena afferrabili.
In queste essenziali effervescenze cromatiche, nelle quali la materia pittorica sembra prevalere sull'immagine, in questi motivi che travalicano la forma, si mantiene però sotterraneamente attiva una perseveranza sistematica: quella stessa assiduità che ha marcato le tappe precedenti del percorso artistico di Bruno Rombi, tesa non tanto a verificare l'evenienza di nuovi significati, quanto a "rendere visibili" in una prospettiva diversa, secondo una modalità che richiama alla memoria il "donner à voir" di Eluard, gli oggetti, le superfici, le sfumature, con quella felicità che - come affermava il poeta francese - da sola basta "a fare un mondo".
[Sandro Ricaldone, 11/5/2010]