LUCA VITONE
Il volo del grifo
Pinksummer
dal 2 aprile al 20 maggio 2010
Vent'anni dopo esser migrato nel capoluogo lombardo Luca Vitone, artista fra i più noti della generazione dei quarantenni, torna a Genova, da Pinksummer, con una personale intitolata "Il volo del grifo".
Poco prima della partenza, nel 1988, Vitone aveva allestito alla Galleria Pinta, animata da Claudio Ruggieri, una rassegna che doveva sancire la sua prima affermazione, affrontando con modalità originali un tema già affiorato in letteratura: quello della mappa in scala naturale, proposto da Lewis Carroll nel 1893 in "Sylvie and Bruno Concluded" e in seguito ripreso da Jorge Luis Borges nell'apologo "Del rigore della scienza", dove i cartografi, alla ricerca d'una precisione assoluta, si spingevano a tracciare una mappa della stessa ampiezza dell'Impero che vi era descritto.
Nella mostra tenuta alla Pinta, Vitone aveva coperto il pavimento con una pianta in scala 1 a 1 della galleria, con l'intento di comunicare agli astanti una sensazione di spaesamento grazie alla sovrapposizione di uno schema mentale al dato concreto dell'ambiente.
Oggi, tornando ad esporre in città dopo un percorso che lo ha portato ripetutamente all'estero, da Berlino al Lussenburgo, da Londra a New York, l'artista sembra aver fatto propria l'alternativa formulata, nuovamente, da Carroll, il quale - tratta dal suo paradosso la conclusione che una mappa coincidente con il territorio "avrebbe coperto tutto il paese e offuscato il sole" - proponeva con antitetica estrosità di usare "il paese vero e proprio come mappa di se stesso" constatando poi come questa soluzione "funzioni quasi altrettanto bene".
Il "Volo del grifo" consiste, infatti, in una ripresa di Genova, da Ponente a Levante, effettuata dall'elicottero (moderno sostituto del mitico rapace simbolo della città), dalla quale emerge un'immagine della struttura urbana che la distanza e l'inusuale punto di vista rendono difficilmente identificabile: "qualcosa che non esiste o per lo meno non si riconosce", dice l'autore.
Se, agli esordi, questi muoveva da un "bisogno di iconoclastia nei confronti dei luoghi", esemplificato nelle note "carte atopiche", private di ogni riferimento nominale, in seguito si è adoperato piuttosto ad evocarne lo spirito, ricorrendo in special modo alla musica (nel caso della mostra "Hole", al PS1, in cui la storia di New York veniva richiamata da brani tratti dal repertorio delle tribù indiane, come in quello della squadra di Trallallero condotta ad esibirsi a Berlino).
E la musica s'affaccia, con funzione in parte diversa, anche nel video presentato nell'odierna rassegna, ove, in chiusura, un personaggio solitario trae da un antico strumento ligure una melodia melanconica che esprime sgomento per l'impossibilità di costruire una percezione definita di un luogo - la città - che permane imprendibile.
[Sandro Ricaldone, 2/4/2010]