LUCA OTTONELLI
Museo Luzzati
dall'1 al 18 aprile 2010
Che il mondo non sia una pesca è per chiunque, tranne forse per quei filosofi secondo i quali non esistono fatti ma solo interpretazioni, un'evidenza indiscutibile. Tanto più se la "pesca" è in realtà una maxi-brioche inumidita di liquore, giacché è noto che il mondo non riserba agli umani gratuite dolcezze.
Dovremmo quindi credere senza esitazioni a Giuliano Galletta, che a questa negazione ha intitolato il suo ultimo libro, dove sono raccolti i testi scritti per la rubrica "Oltre il giardino", uscita per qualche anno su "Il Seclo XIX".
Ma si dà il caso che, sfogliandolo, ci si trovi dinanzi ad immagini che incrinano le nostre certezze più salde. Siamo convinti, ad esempio, che le zampe di una pecora, ancorché clonata, terminino con uno zoccolo. Ebbene no! L'illustrazione a pagina centodiciotto ci mostra invece che finiscono con una mano. Cosa alquanto scomoda, in particolare durante le transumanze, quando i greggi debbono percorrere lunghi e disagevoli tragitti.
Ma non è tutto: a pagina centosessauntuno c'imbattiamo in un signore dai lunghi favoriti, esemplare incarnazione d'un banchiere, che sotto una giacca inappuntabile ostenta minacciosi tentacoli da piovra.
Queste figure inquietanti scaturiscono dall'immaginazione di Luca Ottonelli, artista genovese munito (guarda caso) di una solida preparazione filosofica, che dalle singolari notizie rinvenute da Galletta e dalle sue ancor più paradossali chiose ha tratto immagini che vanno al di là della mera illustrazione e ci dimostrano come ancor oggi il sonno della ragione generi mostri.
Che giungono non del tutto inattesi, giacché l'esordio di Ottonelli, nel 2000, era avvenuto con il ciclo degli "Dei predatori", "rappresentazioni pittoriche di forme e segni tratti da un passato primitivo in cui l'uomo temeva le bestie feroci e offriva sacrifici cruenti alle divinità" e l'ultima personale, allestita con Enrico Dassereto presso la Galleria Rotta Farinelli nel 2006, era imperniata sul "Progetto Sniper" (lo sniper è un cecchino che colpisce da una postazione nascosta), dove - fra l'altro - Fred Astaire ballava di fronte alle Torri gemelle in fiamme.
Nei grandi fogli realizzati a carboncino per il libro, esposti al Museo Luzzati sino a domenica 18 aprile, l'artista esibisce, mescolando tratti onirici e grotteschi, quotidianità e citazioni colte, una potenza visionaria resa più acuta dall'incisività del segno.
Il diavolo panciuto del consumismo assiso sull'insegna del Wal-Mart o la torre di Babele che postilla la resistenza delle lingue alla globalizzazione, così come lo stilizzato gatto nero, degno di Poe e del suo illustratore principe, Alberto Martini, o - ancora - l'impressionante ritratto (dipinto, questa volta) della Regina Vittoria che chiude la rassegna, non si lasceranno dimenticare in nessun modo.
[Sandro Ricaldone, 1/4/2010]