ANGELO GUALCO
Mediterraneo in fiamme
Hop Altrove
31 marzo 2011
Che cosa è una maschera? L'incerto etimo della parola, si trova scritto in Wikipedia, rinvierebbe alla locuzione araba maschara o mascharat, buffonata, burla.
Possiamo prenderla sul ridere? Mica tanto. Come tutti sanno, nel teatro latino il termine usato per maschera è persona. Se ne può desumere, stante la mutazione di significato che la parola ha subito nel tempo, che tutti noi - e gli studi di Goffmann stanno lì a confermarlo - indossiamo una o più maschere, non solo tragiche o comiche, ma per l'appunto quotidiane.
Da ciò discende, fra l'altro, che i rapporti sociali non paiono propriamente basati sull'autenticità. Questa opinione, della cui fondatezza non staremo a discutere, è però suscettibile d'essere proficuamente rovesciata, a dar retta all'aforisma di Oscar Wilde: "Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero".
Questa affermazione si attesta a sua volta su un versante non privo di una secolare tradizione, in cui la farsa, già evocata, si unisce alla contestazione dello status quo, basti pensare alle festa fatuorum, le carnevalesche feste dei folli nelle quali, Bachtin insegna, "i valori ed i rapporti precostituiti risultavano sospesi o ribaltati".
Ed è lungo questa via, al di là dell'attrazione emotiva esercitata dall'icona disneyana, che dobbiamo addentrarci per comprendere il senso dell'azione teatrale che Angelo Gualco ci propone.
Se non stupisce più tanto l'apparentamento fra palcoscenico e set psicanalitico (Cesare Musatti sosteneva che "in un certo modo l'analista fa l'attore"), il fatto che Topolino, emblema della positività, vir bonus - se così si può dire - ad oltranza, si rechi dallo psicanalista suggerisce, a prima vista, un ribaltamento.
Ribaltamento che si rivela ingannevole, visto che dallo psicanalista il nostro eroe va non per chiedere aiuto ma per offrirlo. Sin dalle prime battute del dialogo infatti la relazione paziente-terapeuta viene sovvertita: è il secondo ad aver bisogno del primo e non viceversa.
In base all'assunto illustrato più sopra, quest'affermazione non integra - come parrebbe - un paradosso, ma enuncia una verità, o per lo meno si presenta come una mossa volta a portare all'evidenza uno strato nascosto che, pur non esaurendo lo spettro della verità, ne fa parte a buon diritto.
Che con questo l'autore abbia inteso togliersi qualche sassolino (non tanto piccolo, però!) dalla scarpa, è palese.
Nel contempo tuttavia, volutamente o no, mette in scena una specie di allegoria dell'arte, che si articola in un concatenamento di situazioni reversibili: il critico-psicanalista che ha bisogno dell'artista Topolino, Topolino-artista che ha bisogno dello psicanalista-gallerista (o collezionista), e via dicendo.
Il gioco delle parti si delinea così multiprospettico, incentrato attorno alla maschera che cela l'autore stesso.
E come l'autore adopera la maschera per dire la sua verità, la maschera usa l'autore per definirsi: il Topolino-artista esibisce, come suoi, spezzoni di video basati su altre azioni performative di Angelo Gualco: La "Barricata" (2010), che, nel contesto aulico di Strada Nuova, riconduceva la "Libertà che guida il popolo" di Delacroix ad una tambureggiante dimensione di protesta e di lotta; l'irruzione, durante lo scorso autunno, nel Museo del Caos di Giuliano Galletta a Villa Croce, sul ritmo concitato dei versi di Baudelaire.
Esiste una via per superare l'insoddisfazione del presente, manifestata con un impeto così pronunciato? Topolino-Gualco la prefigura in un'utopica Arca predisposta per traghettare animali e uomini, dinosauri inclusi, verso un futuro armonioso.
L'happy end rimane comunque incerto. Persiste l'interrogativo se questo scioglimento riguardi l'umanità nel suo insieme o piuttosto il singolo individuo. E se la petroliera-arca, che reca nella sua struttura il segno di una civiltà votata a una forma di progresso distruttivo, riuscirà davvero a resistere al diluvio prossimo venturo e ad approdare ad un nuovo, salvifico Ararat.
[Sandro Ricaldone, 31/3/2011]