MARIO ROCCA
In un luogo non determinato, in un tempo incerto: figure
Galleria Cristina Busi - Chiavari
dal 10 marzo al 10 aprile 2011
Ma che anche l’intelligenza debba seguire un’interna necessità, nel compiere tutti gli eventi, sopraffatta, sia costretta come a patire e subire,di ciò è causa una piccola declinazione dei principi delle cose, in un luogo non determinato, in un tempo incerto.
Tito Lucrezio Caro
(De rerum natura, II, 289-293)
Dissimulata in un dilatarsi dei gesti e delle scie pittoriche che spinge l'immagine alla soglia dell'astrazione od enunciata in profili più scopertamente individuabili sebbene mai conclamati, da sempre la figura (la figura umana) si colloca al centro dell'opera di Mario Rocca. Gli spostamenti, le alterazioni continue che ne caratteriz-zano l'approccio, articolato in una sequenza inesauribile di varianti, non fanno schermo a questo dato, anzi per così dire lo enfatizzano, facendolo riconoscere come quel "filo che tiene legato l'aquilone", di cui parlava Sutherland: il filo, appunto che permette alla pittura d'innalzarsi e tenersi in volo.
Nel corso del tempo, quanti si son soffermati sui lavori dell'artista hanno ribadito la centralità dell'elemento figurale, proponendone letture che ne sottolineavano aspetti diversi ma coessenziali: l'intrinseco dinamismo di matrice boccioniana e la natura fantasmatica, rilevati da Gianfranco Bruno; la relazione con lo spazio, messa in risalto da Franco Sborgi; la simbiosi con il contesto urbano e paesaggistico, indicata da Daniele Sanguineti e Gianluca Zanelli. E, ancora, la profondità emozionale e dialogica, scandagliata da Adriana Dentone.
Nei dipinti raccolti in questa nuova rassegna si evidenzia in maniera inoppugnabile come le figure tratteggiate da Mario Rocca aderiscano ad una condizione che - secondo un'espressione di Christine Buci-Glucksmann - "non rientra più nella logica umanistica dell'interiorità del soggetto e nella logica della rappresentazione" ma si volge verso "uno spazio fluttuante e immaginale in cui tutte le frontiere fra l'interno e l'esterno, il reale e l'irreale, il maschile e il femminile vacillano, schiudendosi al fantasmatico, all'invisibile, al matriciale".
L'energia che il gesto pittorico trasfonde sulla tela, alternando tesi intrecci lineari a duttili schemi avvolgenti, le luminosità sfumate ed i cupi addensamenti cromatici, non costruiscono ad un'immagine statica e definita; creano piuttosto una morfologia in evoluzione (o in deformazione, per riprendere una formula bachelardiana) dove il paesaggio si antropomorfizza e, di converso, la figura si fa pietra, cespuglio, vento, calore.
Questo doppio movimento oltrepassa la mera dimensione metaforica per dar vita ad una sorta di trans-figurazione che si plasma attorno ad una realtà allo stato nascente, effimera e mutevole perché in continuo divenire.
La figura stessa, colta nel suo rapporto di osmosi con il mondo, si presenta inconclusa. L'assenza del volto, il tratteggio essenziale dei contorni la situano, pur nell'enunciazione di una fisicità intensa, a mezza via tra suggestione archetipica e legame con il vissuto. Lungi dal volersi far e-spressione del tema, caratteristico della contemporaneità, della dissoluzione del soggetto l'indeterminatezza esibita nella vacuità delle sembianze manifesta una volta di più l'apertura al possibile, presagio e annuncio di ciò che sopravviene. Nel loro protendersi verso il "non ancora" le figure dell'artista pre/figurano, anticipando ogni incarnazione futura.
E così il colore, mai acquietato in campiture uniformi, steso sempre per nervature oblique, in grovigli, chiazze, spezzato fra ampie tessere disgiunte, pare anch'esso colto in un transito vertiginoso, come campo d'energie instabile e proliferante, come sistema in mutazione. Agglomerazioni centripete di brani viola e grigi contrappuntati d'un giallo squillante; esplosioni di blu e neri scagliati verso il margine di una superficie rosa; blocchi affocati che disperdono ceneri sulfuree: Rocca vive il colore, al di là di ogni connotazione descrittiva, nella dimensione del fenomeno, non indagato dall'esterno ma attraversato nel suo stadio germinale, sovente con accentuazioni drammatiche, talvolta con scioglimenti silenziosi. Il colore d'altronde partecipa nelle sue componenti mi-nerali e vegetali, nelle sintesi chimiche e nel decadimento temporale a questa temperie materiale e fenomenica.
"Chi non avrà la capacità di coinvolgere il colore nella raffigurazione, al punto che questa non sia una impassibile descrizione della realtà, non si renderà mai conto dell'andamento ciclico di un quadro né della potenza rivelatrice della pittura essendo chiaro che la proprietà fantastica di un'opera è il primo segno della libertà creativa", scriveva Renato Birolli. È un'analoga sintesi tra figura e colore che Mario Rocca persegue nella sua "Fucina di Vulcano", saggiando i ritmi delle mutazioni, inseguendo con ostinazione, in un luogo non determinato, in un tempo incerto, la traccia dell'exiguum clinamen che genera materie e mondo.
[Sandro Ricaldone, 22/2/2011]