tr@ct 29

12 giugno - 31 dicembre 2011



mostre e artisti
a Genova
2010 - 2011



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    al Museo Luzzati


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    con un vaso di fiori


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-  Rolando Mignani
    tra segno e simbolo


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    a Genova


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    Portrait of the artist
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    nell'arte di Colombara


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    cabiando prospettive


-  Pino Rando
    La nave dei giganti


-  Laura Mascardi
    Il mare di tutte le stagioni




 

ROLANDO MIGNANI: UN PERCORSO
testo per la mostra "Rolando Mignani tra segno e simbolo"

Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce
dal 30 novembre 2010 al 23 gennaio 2011



"Bisogna far parlare i segni, non farsi parlare dai segni" recita un appunto tracciato da Rolando Mignani su un ritaglio di carta usato come segnalibro . A questo programma, singolarmente concentrato rispetto alla complessa articolazione dei suoi lavori, l'artista è rimasto fedele durante l'intero svolgimento del suo percorso. Percorso che, va subito precisato, pur essendosi sviluppato nel contesto della scrittura visuale (ma, più precisamente, in rapporto con la dimensione "simbiotica" della poesia, teorizzata da Ugo Carrega) manifesta un carattere di accentuata, se non di totale, indipendenza.
Nella maturazione di quest'orientamento autonomo ha indubbiamente avuto un ruolo decisivo la formazione di Mignani, caratterizzata da un autodidattismo vorace e al tempo stesso intransigente. Uscito dal circuito scolastico dopo l'avviamento professionale (corrispondente al periodo della media inferiore, all'epoca non ancora unificata), l'artista ha coltivato le sue aspirazioni culturali, accanto a quelle sportive , nelle pause di libertà dal lavoro, esercitato dapprima nello scalo portuale e quindi presso alcune fonderie del ponente genovese.
I suoi interessi si orientano dapprima sulla poesia ("io vengo dalla letteratura", ribadirà con forza in una video-intervista realizzata negli anni '80), evidenziando la tendenza a concentrarsi sull'opera di singoli autori: Federico Garcia Lorca, in una prima fase, Emily Dickinson e, soprattutto Edward Estlin Cummings, cui dedicherà decenni di studio alla ricerca della chiave che ne consentisse una ricezione approfondita.
Ma l'esame della sua biblioteca evidenzia come, sin dai primi anni '60 la sua attenzione si estenda ad altri ambiti. In particolare, nella dimensione filosofica, si manifesta uno specifico interesse per l'orientamento fenomenologico ed esistenziale: i suoi autori sono infatti, in quel momento, Husserl, Sartre, Merleau-Ponty, e, fra gli italiani, Enzo Paci. Nell'indagine sul linguaggio le letture iniziali sono di Cassirer e Gellner. Ancora d'impronta fenomenologica sono i primi affondi nel campo della psicopatologia (Binswanger e Minkowski) mentre inizia con Mircea Eliade lo studio del mito e con Gershom Sholem l'esplorazione della Cabbala. Gradualmente la sfera delle sue ricerche si estende ad una articolata molteplicità di campi che in un'ironica autobiografia intellettuale pubblicata nel 1973, così descrive: "Quando intorno al 1937 stavo elaborando alcuni miei studi sulla dinamica dell'economia configurazionale nelle immagini oniriche, avevo in mente tutto uno spostamento, non solo metodologico, del mio materiale e dei miei risultati parziali nell'ambito di ricerca dello stato di veglia. Sul piano della scelta terminologica, idonea a gettare le basi comuni alla meccanica dei due stati nello svolgersi del loro essere, decisi di ribaltare tutta l'argomentazione sul versante strettamente tecnico della Linguistica e aprirmi un varco verso uno spazio omogeneo liberato nella Semiologia. Con -Connotazione Intercategoriale "Esterna"- facevo assumere all'habitat sistemico della parola la denominazione -Da Fuori- e in ciò potevo includere qualcosa come l'identificazione o il riconoscimento di una parola a partire dalla sua ubicazione storico-culturale, nel senso che branche di studio "eteroqenee" come Antropologia, Filologia, Psicologia, Etimologia, Etnologia, Biologia, Simbologia, Logica, Matematica, etc., avevano potuto, passando dall'esperienza empirica alla programmazione scientifica costituire l'alfabetizzazione nell'habitus gestaltico della Sintassi come codificazione interna al discorso fino a suggerirmi ... una certa sinonimia tra la voce -Da Dentro- e la decodificazione Sintattica".
Sarà questo lo sfondo e il sostrato intellettuale della sua opera matura.
L'esordio sulla scena artistica ha luogo tra il 1964 e il 1965, con l'adesione al gruppo costituito da Ugo Carrega intorno alla proposta di una "poesia simbiotica" che animerà la rivista "Tool" . Nel primo numero Mignani è presente con due interventi poetici (Auguri di Maturità e collage con le coordinate P;D;D;) in cui appare evidente, nella disposizione spaziale e nella spezzatura delle parole, nell'iterazione dei segni di punteggiatura, il riverberarsi della lezione cummingsiana su schemi testuali elaborati con la tecnica del collage, inframmezzati da onomatopee rumoristiche (zzzzzzzzz) e vocalismi esclamativi(ah!!!, eh!!!, ih!!!). Analoga l'impostazione dei lavori riprodotti nei due numeri successivi, dove peraltro "Terribilità antropometrica" si distingue per la composizione speculare e l'impianto di maggior evidenza figurale.
È nel quarto numero di "Tool", con Uomo crocifisso dall'alto in basso e da sinistra a destra che la superstite linearità del testo cede il passo ad un'organizzazione della pagina incentrata su tracce visive: forme che si restringono verso il basso ad imbuto, attraversate da un movimento radiante; spirali, scie vettoriali, "formesegni" in cui l'elemento verbale si palesa non più in veste di protagonista ma incluso e per così dire subordinato al tessuto visuale. Nel numero successivo compare in Sōtō-Zen; Shi-kan-daza la forma del labirinto inscritto in un semicerchio - che verrà ripresa nel volume La rimozione dell'orecchio nell'elargizione dell'occhio (1975) ed in un multiplo - ove la cella più interna del dedalo ospita un groviglio costituito da una linea continua ("la logica del caos contro la forma cosmo che lo chiude") verso cui si volge, capovolta, la scritta "genesi del gesto e funzione dell'arte", che rappresenta la freccia del futuro, protesa verso un ritorno all'origine.
Nell'ultima uscita della rivista, Mignani pubblica tuttinessuno, rielaborazione accurata del collage con le coordinate P;D;D; , cui già si è accennato, in una veste che sotto un primo profilo, con la cascata obliqua di parole che occupa la parte superiore della tavola assume una parvenza da calligramma, mentre nell'immagine fumettistica centrale (una ragazza che si spoglia nascosta dalla cupola di un ombrello) viene introdotto un elemento di ascendenza pop che, nuovamente, sancisce l'affermarsi del momento visivo.
Si disegna così un percorso che da un'elementare segmentazione spaziale del testo approda alla più complessa architettura prefigurata da Carrega, secondo cui compito e obiettivo dell'operatore era trasferire "la sua idea al lettore mediante la totalità della pagina stampata" rompendo "la linearità del linguaggio sulla pagina nello studio dell'elemento grafico in rapporto all'elemento verbale (e viceversa) da cui si alimenterà la formazione di un nuovo linguaggio".
Nel prosieguo della sua ricerca, Mignani trae spunto anche da un altro versante della sperimentazione di Carrega: i "poemi materici" (1963), che aggiungono alle sei componenti della pagina individuate in precedenza (fonetica, proposizionale, del lettering, del segno grafico, di forma e di colore) quella del supporto e/o dell'inserto fisico: "Così nasce la poesia materica: in un campo-spazio-supporto predicato e predicativo, si innestano parole connesse o sconnesse per analogia o associazione a un elemento materico vegetale, minerale, animale, oggettuale ecc." . Ma questo motivo acquisisce ben presto nel nostro autore una caratterizzazione profondamente diversa dai "piccoli trucchi linguistici" ideati da Carrega per arricchire la dimensione espressiva della "Nuova Scrittura", assumendo al proprio interno una profonda risonanza semantica e simbolica.
L'affiorare di questa sensibilità si avverte già nella più risalente fra le opere in mostra Fenomenologia della percezione (1966) che al di là del titolo, ricalcato su quello dell'opera più nota di Maurice Merleau-Ponty, fa esplicito riferimento alla tematica biblica dell'albero della conoscenza, capovolta nel "rimangiamento del frutto dell'innocenza". A distanza di qualche anno (1971) è Carrega, nella presentazione della personale tenuta da Mignani al Centro Tool di Milano a rilevare l'insolito addensarsi di significati che progressivamente si deposita nelle opere dell'amico sino a renderne problematica la comprensione: "il mondo privato (il codice privato) di Mignani ha qualche volta il sopravvento sul mondo pubblico (il noto) e la decodificazione si fa ardua ma ogni lavoro di Rolando è 'un racconto' i cui singoli segni son tanti detonatori innestati che solo il gioco dell'intelligenza (nella lettura) può fare esplodere".
L'autore stesso ne è consapevole al punto da riportare talvolta sul retro dei singoli pezzi le indicazioni necessarie a decrittare i significati simbolici che vi sono trasfusi. Sul verso della Prova alchemica del 5 (1971) annota: "Simboli usati: 1) il colore giallo della carta da macellaio; 2) il colore rosso della spirale / = n. 6 / sei (verbo) / la grafica particolare del 6 (che si riporta all'andamento spiralico, come da esempio N.d.R.) / = molteplicità mediata dal n. kabbalistico 666 n. della bestia (negatività, decadenza ecc.) / pluralità degli esseri / ecc.; 3) il colore arancione del corpo luteo -> Osram (qui il riferimento è alle immagini delle lampadine incollate sulla parte sinistra del foglio - N.d.R.) partecipa del rosso & del giallo; 4) la mano, carta assorbente, cinque dita anagrammate da -OSRAM- / 5 = n. kabbalistico equivalente all'uomo (rappresentato dalla stella a cinque punte i cui vertici corrispondono a testa-braccia-gambe); 5) lampadine (collage) = feto / corpo luteo /uovo, in n. di 4 il che corrisponde (n. 4) kabbalisticamente al mondo / società /ecc. ecc.; 6) la V lampadina (oggetto distrutto) / = 5 = uomo venuto al mondo / stella a cinque punte grafica in nero = morte (lampad. spenta, bruciata) oscurità; 7) l'impiego del collage a stampa relativo a OSRAM è una particolare variante del simbolo del maschio (il cerchio sormontato da una freccia in alto a destra - N.d.R.) secondo l'accezione esoterica ossia il simbolo letto da destra a sinistra = maschio ma letto da sinistra a destra da luogo, in linea con la lettura precedente, all'ideogramma dell'incesto filosofale, infatti possiamo vederlo anche sotto forma androgina: < (la punta della freccia) = angolo ottuso = apertura = divaricazione; ____ (fusto della freccia) = cordone ombelicale; O (cerchio) il nato / creazione / alchemicamente = rigenerazione; 8) l'impiego della carta di giornale per costruire l'angolo che sta per -divaricazione- in una gestazione (4 OSRAM) che partorirà (stella in nero) l'uomo morto indica nella stampa (et notiziario ambiguo) in particolare e nella scrittura letteratura in generale la causa della morte".
Un simile accumulo di simboli, esoterici o meno, non costituisce tuttavia un puro esercizio dottrinale ma rappresenta il tentativo di attingere una dimensione assai prossima a quella che Derrida (il cui volume "Della grammatologia" è stato lungamente studiato e chiosato da Mignani) ha chiamato "la scrittura prima della lettera" , la totalità di ciò che rende possibili "i gesti fisici dell'iscrizione letterale, pittografica o ideografica" , lo sforzo di istituire una catena dove ogni segno rimanda ad altri segni e i significati divengono a loro volta significanti.
Lungo questa direttrice l'artista, nel corso degli anni '70 - periodo durante il quale tiene numerose personali e partecipa alle principali esposizioni della scrittura visuale, da "Italian Visual Poetry 1912-1972" organizzata a New York da Luigi Ballerini a "Fra significante e significato" allestita al Collegio Cairoli di Pavia - prosegue con intensità la sua produzione dando vita ad opere di grande eleganza visiva come Versione celeste (1971), contraddistinta da una struttura ad albero congegnata con foglie disseccate o Per il segno diabolico (1975) che accompagna la segnalazione di Corrado Maltese su Bolaffi Arte come prova esemplare "di una figurazione mista piana, dove scrittura e pittura, collage e abrasione, inserimento e intarsio, tracciamento e impressione, trascorrono l'uno nell'altro in un pulsare incessante di univocità e ambiguità" nonché a sequenze multiformi e insieme minimali come il ciclo "Uomo di fegato/flatulenza e presenza (di spirito)" (1974).
Mentre un lavoro come Segno (1975) delinea l'itinerario che dalla traccia caotica e dalla macchia puntiforme conduce alla stilizzazione del "motto" e Graffito e bassorilievo (1975) analizza la diversità fra incavo e prominenza attenuandola sino a renderla impercettibile, altre opere puntano più marcatamente sulle componenti oggettuali. Ne sono dimostrazione N. 8 - Serie Rock Company Purple (1975), dove - ai margini di una cornice rivestita da lembi di giornale - si protende un'ordinata successione di fiammiferi, e Arte e alienazione, dello stesso anno. Questa, una grande, incongrua chitarra, integra al suo interno una sorta di lessico simbolico della materia: "il legno, il legno verticale, tavola, tronco, materiale sostanziale, albero, configurazione genetica e così via sta tradizionalmente per simbolo generale dell'uomo / sua escatologia, sua soteriologia, sua sacralità e sacrificium, ovvero l'immaginario del 'verticale'", laddove "l'accostamento compositivo delle due tavolette ricavate dal medesimo 'taglio' indica intanto e riporta la simbologia delle dualità, della biUnità esistenziale, complementare e contraddittoria dell'essenza, dell'esperienza umana". Le cerniere metalliche poste ai quattro angoli della cassa armonica evocano "il rafforzamento del perimetro egemonico dello status/roccaforte corazzata contro tutte le eresie individuali"; la configurazione "a teschio" del pannello posteriore "sviluppa, a partire dall'antro della bocca - il tema che fa della 'oralità' il tramite iniziatico della cultura di stato, della cultura di massa ... autentico distillato di stupidità" .
In questo stesso periodo (1975) pubblica sotto gli auspici dell'Atelier "Bizzarro" - rivista e "centro studi e documentazioni sull'immaginario", creati nel 1973 con Carlo Romano e Alfredo Passadore - due libri d'artista, La rimozione dell'orecchio nell'elargizione dell'occhio , in cui raccoglie materiali risalenti al periodo di "Tool", sottolineando "lo sfaldamento della coazione orale" che fa luogo ad un "autodeterminarsi grafico", e Si può dimostrare quel che si vuole ma a un certo punto del gioco C vale G . A questi si aggiunge l'anno successivo il quaderno di appunti per il raddrizzamento delle nome e dei cosi edito da La nuovo foglio nella collana "altro" diretta da Magdalo Mussio, dove amplia la riflessione antecedente annotando: "presentare un saggio di scrittura offerto alla radicale alterazione della cadenza ritmica del testo significa presentare la pagina come testimonianza del passaggio della spaziatura ritmica allo spazio fisico: passaggio dall'essenziale al sostanziale, dal metaforico all'analogico, dal virtuale al reale etcetera". E nel segno di una ribadita "precedenza della scrittura" di sapore derridiano che Mignani accede, partecipando all'omonima rassegna curata da Viana Conti (1979), allo "spazio dei gesti" in cui l'evento viene "disegnato" dall'artista sulla pagina del corpo e dell'ambiente, in un sovrapporsi di tracce verbali e visuali, psichiche e somatiche.
Un affondo rapido, indubbiamente propiziato dal rapporto stabilito in quel torno di tempo con giovani performers come Giovanni Angelo Bignone, Giuliano Galletta e Angelo Pretolani, che Mignani mostra però di non voler interpretare sul piano dell'espressività e del pathos, bensì - come testimonia la scelta di prender parte ad un'analoga manifestazione a Belgrado solo attraverso un'argomentazione scritta - su quello della "traduzione" del "simbolo ritualizzato ... nello standard microcosmico e asettico della pagina".
Si accentua, all'inizio degli anni '80, mossa da fattori etico-politici, un'esigenza di approfondimento della situazione della cultura e dell'arte che Mignani conduce attraverso lo strumento della rivista, partecipando con Giuliano Galletta, Paolo Prato, Carlo Romano e Giuseppe Zuccarino alla breve stagione di "Stato inferto", che in qualche misura riprende l'impostazione dei bollettini dell'Atelier "Bizzarro" e, soprattutto, animando - fra il 1981 e il 1985 - l'avventura di "Ghen Liguria" . In questo foglio dall'apparenza dimessa l'artista ospita, riprendendo le fila del Convegno "Sapere e potere" , svoltosi a Palazzo Tursi nel novembre 1980, una serie di contributi di personalità di spicco della cultura contemporanea, mentre si pone l'obiettivo programmatico di riscattare "fra i materiali impoveriti dalle etichette ... intercapedini differenzianti, tonalità irriducibili", affermando: "un materiale non vale l'altro né tantomeno categorie ... sarà il fiuto nictalope del 'furor operandi' a 'far terra bruciata' attorno al terrorismo anestetico della mediocritas". Sulla rivista, dove ha modo di pubblicare alcune prove d'interpretazione della poesia di Cummings, in uno scritto di Giuseppe Zuccarino affiora la traccia di un'ambiziosa partitura coreografica, che Mignani cercherà invano di portare sulla scena: La distance intérieure (1983). "Ciò che si dà a vedere, inizialmente" - scrive Zuccarino - "è un luogo, una scena. Più precisamente una scena nella scena, un contenitore microcosmico in cui il 'cielo' e la 'terra' si riflettono specularmente. [...] Il percorso predisposto da Mignani, con rabdomantica sensibilità, per il suo danzatore, si apre appunto, e circolarmente si chiude, prescrivendo una posizione di raggomitolamento fetale. Tra i due estremi dell'azione, si dispiega un dialogo silenzioso tra i gesti corporei dell'"uomo" e i segnali luminosi che, dal basso ma soprattutto dall'alto (dal lustre mallarmeano ormai disseminato in sistema di faretti) precedono, accompagnano o seguono i movimenti stessi".
La propensione dell'autore a uscire dalla pagina (o meglio a misurarsi con pagine sempre più complesse e spazialmente articolate) si manifesta nuovamente in occasione della mostra, condivisa con Nicola Bucci, Italo Di Cristina e Vincenzo Lagalla, "Progetto per una casa inabitabile" tenuta nel 1986 a Genova nel salone di Palazzo della Meridiana. In questo momento espositivo, che traeva origine dall'assunto di ascendenza heideggeriana esplicitato da Nicola Bucci nel testo introduttivo, secondo cui la "La Stimmung (la vocazione) dell'artista altro non è che la sua dimora inabitabile nel linguaggio" , Mignani si confronta con i modi dell'installazione. "Il lavoro" - ricorda Vincenzo Lagalla - "era composto da 3 sagome nere (in legno) sostenute alla base: la prima con la sabbia, la seconda con sassi, l'ultima con mattoni. Davanti alla prima sagoma per terra era tracciata con il nastro adesivo il profilo della vittima di un omicidio. Davanti alla seconda sagoma era disegnata invece solo parte del profilo della vittima (uguale alla prima). Davanti alla terza sagoma per terra non era visibile nulla, come se la sagoma disegnata tendesse progressivamente a scomparire. La prima sagoma in legno (sorretta con la sabbia) aveva una particolarità: dall'altezza dei genitali partiva un filo di rafia che raggiungeva la toppa di una serratura sistemata all'altezza dell'occhio del profilo disegnato per terra" .
Sebbene con minore intensità rispetto alla prima metà del decennio precedente, in parte per gli impegni di gestione della rivista, in parte per il manifestarsi di problemi di salute, l'artista prosegue lungo tutto l'arco degli anni '80 la produzione di opere bidimensionali fra le quali si annoverano opere come Sandglass vedere genealogico (1985), dove fra riquadri riempiti di sabbia di vetro Mignani si effigia con gli occhi dipinti di bianco, nella veste di cieco/veggente, o come, sul finire (1990) La superba denudata dei suoi scampoli anche ricongiunta ai suoi mezzani ovvero: 'il grande retro', nella quale il pronunciato tono parodico nei confronti della volgarizzazione del lascito duchampiano si accompagna ad una pungente critica verso la sua città, Genova, superba ormai con la minuscola, e alla sua classe dirigente, accusata di guardare al passato.
Nello stesso periodo matura una spiccata propensione per gli assemblaggi tridimensionali: fra questi, Sestante (1985), una struttura piramidale retta da rami (elementi vegetali, simboli fallici), alla cui base un simbolo dell'elemento maschile (forato, con possibile allusione all'androginia) è sovrastato da un sasso (elemento minerale) oscillante; Crocifissione (1990), una radice di sambuco strappata dal terreno in cui è confitta, in basso, una vite di metallo non soggetto ad ossidazione che allude alla vitalità inalterabile del mondo naturale, mentre nella parte superiore troncata con uno strumento è inserita una vite di ferro, ossidata, che rappresenta la deperibilità dell'opera umana, fissata con stringhe collegate ad un tensore che, secondo le indicazioni dell'autore va impugnato per riavviare il corso della natura "in caso di emergenza" . E così altri, dalla sedia chiodata su cui poggia un cappello, a sua volta sormontato da un rubinetto, di "Beuys scout. Il fluxus del cobra" (1995) alla costruzione con tiranti, sgabello, specchio, stetoscopio e luce installata a scandire, secondo una diagonale ascendente lo spazio dello studio (Come se niente fosse accaduto, 1999).
Alle soglie del nuovo millennio l'artista sviluppa un nuovo, ampio progetto ("PILGRIMage") che, con qualche modifica in corso d'opera, viene portato a termine e presentato allo studio Leonardi/V-idea nell'aprile del 2001. L'idea originaria consisteva nel realizzare, su un unico, grande pannello, un'ultima cena sui generis, nella quale Cummings-Cristo fosse raffigurato, secondo una modalità satirica, tra i suoi apostoli: Mallarmé, Joyce, Duchamp, Boehme, Celan e così via. Affidato al segno di Paolo Argeri, il progetto si concretizza, frammentato per ragioni pratiche ed accresciuto nei personaggi (Picasso/Figliol prodigo; Popper/Giobbe, ecc.), in una sequenza di cinquantasei tavole, si trasforma in una "convocazione allegorica di pellegrini attorno alla figura emblematica del Trickster, poeta in Cummings". "In questa kermesse figurativa e verbale" - scrive Argeri in catalogo - "le battute e le didascalie del protagonista provocano, corrispondono e giustificano di rimando quelle della canéa di pellegrini attraverso blandizie, invidie, travisamenti, palinodie, ma anche affinità, polemos, rebus metalinguistici trasformati in teoremi, sorprese recitate da attori paradossali suscitate en abyme da categorie mentali" . Mettendo in scena questa "parafrasi tragicomica" Mignani chiude i conti con "il Sapere delegati poteri autoriali degli specialismi, nonché del Mercato, nonché della Storia" rivendicando sotto le spoglie del nonsense e del paradosso la possibilità di un approccio eterodosso di ricerca.
Nell'ultimo scorcio della sua vita (2001-2006), l'attività di Mignani si dirada. Emerge nelle opere estreme il tema dell'attentato alle Twin Towers, catastrofe reale e drammaturgia mediatica, realizzazione incompiuta della profezia millenaristica, che sconvolge ogni logica e ogni saggezza "al punto che" - nelle parole di Paul Virilio - "all'antica filo-sofia, succede l'assurdità di una filo-follia" - paventata dall'artista sin dalla prima maturità - suscettibile di travolgere la conoscenza per mezzo della stessa conoscenza.


Note:

1)  Rinvenuto nel volume di Luigi Ballerini, La piramide rovesciata. Scritture visuali e d'avanguardia, Marsilio, Venezia 1975, fra le pagine 68 e 69.
2)  Negli anni giovanili Mignani ha praticato il ciclismo, ottenendo discrete affermazioni nelle competizioni d'ambito regionale.
3)  Un appunto autografo fa risalire all'età di quindici anni (1952) la composizione della prima poesia (Ho tatuato / un veliero / sul petto / e quando respiro / le vele si gonfia-no / e va). In seguito, secondo quanto risulta da testimonianze raccolte, Mignani inviò alcune sue composizioni giovanili a Pier Paolo Pasolini, che gli avrebbe risposto giudicandole promettenti sebbene ancora immature.
4)  Rolando su Rolando, video di Luciana Lanzarotti, con la partecipazione di Attilio Sartori, Pietro Gelatti e Andreina Delvecchio, 1985.
5)  Il 1937 è l'anno di nascita dell'artista.
6)  Rolando Mignani, Esercizi spirituali, in "Atelier 'Bizzarro'", bollettino n. 1 , Genova 16/11/1973, p. 16.
7)  "La scrittura simbiotica analizzava la pagina nomenclando sei categorie di segni o meglio di comportamenti scrittoriali: 1) elemento verbale proposizionale (il significato in senso linguistico stretto) . 2) elemento verbale fonetico (ossia il significante orale, il suono delle parole). 3) l'elemento lettering (ossia il significante grafico della verbalità. 4) l'elemento forma (ossia l'impaginazione, il risultato della forma tipografica). 5) l'elemento segno (ovvero i segni extraverbali: dalla punteggiatura a segni matematici, musicali ecc.; a segni puramente inventati (scarabocchi, linee) dal poeta. 6) l'elemento colore (sia come fatto di 'stampa a colore' (retinica), sia come valore psico-letterario del colore). Il tutto interagiva nello spazio neutro della pagina". Ugo Carrega, Poesia simbiotica, in Commentario, Edizioni Morra, Napoli 1985, pag. 16.
8)  "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica", rivista in sei numeri, al ciclostile, 1965-1967. Promossa da Ugo Carrega con la complicità prima di Lino Matti e Rodolfo Vitone, e poi di Rolando Mignani, Liliana Landi, Vincenzo Accame e altri. V. Vincenzo Accame, Il segno poetico, Munt Press, Samedan 1977, pp. 90-96.
9)  V. "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica" n. 1 , Edizioni AE, Genova 1/8/1965, s.i.p..
10) V. "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica" n. 3 , Edizioni AE, Genova 20/4/1966, s.i.p..
11) V. "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica" n. 4 , Edizioni AE, Genova 15/10/1966, s.i.p..
12) V. "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica" n. 5 , Edizioni AE, Genova 15/2/1967, s.i.p..
13) V. "TOOL: quaderni di scrittura simbiotica" n. 6 , Edizioni Tool, Milano 11/11/1967, s.i.p..
14) Ugo Carrega, op. cit., p. 22
15) Ugo Carrega, Per Rullando, catalogo della “Mostra n. 2 al centro Tool di poesia visuale” Rolando Mignani 25 gennaio - 6 febbraio 1971.
16) Jacques Derrida, Della grammatologia, Jaca Book, Milano 1967.
17) Ivi, pag. 3.
18) Ivi, pag. 12.
19) Corrado Maltese, Rolando Mignani, in Catalogo nazionale Bolaffi d'Arte moderna, n.14, volume II, 1979, pag.54.
20) Le citazioni sono tratte da un dattiloscritto di Mignani, allegato all'opera.
21) Rolando Mignani, La rimozione dell'orecchio nell'elargizione dell'occhio, a cura di Atelier Bizzarro, Libreria Sileno Editrice, Genova 1975.
22) Rolando Mignani, Si può dimostrare quel che si vuole ma a un certo punto del gioco C vale G, a cura di Atelier Bizzarro, Libreria Sileno Editrice, Genova 1975.
23) "Ghen Liguria" esce in 5 numeri (uno all'anno) dal giugno 1981 al giugno 1985. Della redazione, accanto a Mignani, si registrano le presenze di Maria Luisa Greco, Viana Conti, Italo Di Cristina, Giuliano Galletta e Nicola Bucci. Sulla rivista, che reca l'indicazione Libreria Sileno Editrice, e opera in collegamento con l'omonima rivista leccese di arte genetica fondata da Francesco Saverio Dodaro, compaiono fra gli altri scritti di Mirella Bandini, Giorgio Sebastiano Brizio, Nicola Bucci, Gianni Carchia, Giuliano Galletta, Mario Galzigna, Louis Marin, Eugenio Miccini, Rolando Mignani, Jean-Luc Nancy, Giuseppe Panella, Mario Perniola, Giorgio Prodi, Franco Rella, Mario Perniola, Marisa Vescovo, Giuseppe Zuccarino.
24) Mignani conservava in studio, incorniciata, la lettera con cui Derrida rispondeva in termini possibilisti alla sua richiesta di collaborazione.
25) Di questo convegno internazionale, svoltosi a Genova (Palazzo Tursi) dal 27 al 30 novembre 1980 e che ha visto la partecipazione, fra gli altri di Jean Baudrillard, Piero Bellasi, Remo Bodei, François Ewald, Julien Freund, Franco Fornari, Mario Galzigna, Aldo G. Gargani, Giulio Giorello, Agnes Heller, Niklas Luhmann, Jean-Luc Nancy, Gianfranco Pasquino, Mario Perniola, Paolo Portoghesi, Giovanna Procacci, Franco Rella, Pier Aldo Rovatti, Edoardo Sanguineti, Uberto Scarpelli, sono stati pubblicati, a cura di Viana Conti, gli atti da Multhipla, Milano 1984.
26) Giuseppe Zuccarino, Ideografia celeste. La distance intérieure di Rolando Mignani, in "Ghen Liguria", n. 4, giugno 1984, p. 6. Accanto allo scritto di Zuccarino compare il testo di Rolando Mignani, Note per "La distance intérieure".
27) Nicola Bucci, presentazione della mostra “Progetto per una dimora inabitabile”, Ge-nova, Palazzo della Meridiana, 16-30 settembre 1986.
28) Comunicazione di Vincenzo Lagalla in data 6 ottobre 2010.
29) Sull'opera è riportata l'istruzione: ">Uscita di sicurezza. In caso di emergenza afferrare il tensore".
30) Paolo Argeri, Pilgrimage. L'età di Cummings, nel catalogo della mostra omonima, Leonardi/V-idea, Genova 28 marzo - 21 aprile 2001, pag. 4.
31) Ibidem.
32) Paul Virilio, L'avenir de l'accident, in Ce qui arrive, catalogo della mostra presentata alla Fondation Cartier di Parigi dal 29/11/2002 al 30/3/2003, ed. Actes Sud - Fondation Cartier pour l'art contemporain, 2002, p. 85.
33) Nel testo pubblicato nel catalogo dell'"Esposizione di poesia simbiotica", tenuta nel giugno 1968 presso il Circolo culturale A. Milani di Genova, si accenna appunto alla tecnocrazia come "genocidio preterintenzionale".

Sono grato a Paolo Argeri, Armando Battelli, Gianni Brunetti, Nicola Bucci, Ugo Carrega, Viana Conti, Nirvana Fassio, Giuliano Galletta, Edda Gazzerro, Vincenzo Lagalla, Paolo Minetti, Carlo Romano, Silvio Seghi, Rodolfo Vitone e Giuseppe Zuccarino per le indica-zioni e i documenti che mi hanno generosamente fornito (s.r.)

[Sandro Ricaldone, 30/8/2010]