ARTE DA TAIWAN
TAIWAN COTEMPORARY ART
Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce
dall'8 marzo al 24 aprile 2011
L'interesse che, nel corso degli anni '90, si è riversato sull'arte contemporanea del continente asiatico ha trovato a Genova, nel Museo di Villa Croce, un'eco tempestiva. Risalgono infatti al 1999 ed al 2001 le due edizioni della Biennale Internazionale "Asiart", curata dal Centro Ligure di Studi orientali, che più di recente ha proposto un significativo panorama della ricerca cinese fra il 1989 ed il 2007 con la rassegna "China Contemporary Art - la lunga marcia dell'avanguardia". Ora è la volta degli artisti di Taiwan di occupare le sale del museo in una mostra promossa dal Centro Culturale taiwanese di Parigi.
Stimolata da manifestazioni quali la Biennale di Taipei, giunta alla decima edizione, e dall'attività di istituzioni come il Museo d'Arte Contemporanea della capitale ed il Museo di Kaohsiung, l'opera degli artisti taiwanesi ha trovato - dopo l'abolizione nel 1987 della legge marziale nell'isola - un'ampia circolazione internazionale, che ha portato in Italia, fra gli altri, autori del livello di Chen Chieh-Jen e Michael Lin.
Il curatore dell'esposizione ospitata a Villa Croce sino al prossimo ventiquattro aprile, Chih-Cheng Chen, coadiuvato da Sandra Solimano, ha scelto però di presentare in questa occasione un gruppo di quattordici artisti dell'ultima generazione, che vengono così ad affacciarsi alla ribalta europea.
Nei lavori presentati si riconosce una acuta tensione fra il retaggio dell'estetica tradizionale e i linguaggi artistici contemporanei. Mentre a livello formale sono questi ultimi a predominare, attraverso l'impiego dell'installazione e del video, a livello tematico traspare il legame con il patrimonio culturale e le strutture sociali del luogo. È il caso dell'opera di Chen Chi-pan (tre tavoli su cui sono disposti oggetti del padre, della madre e del fratello) che articola spazialmente la configurazione familiare. Analogamente, sotto un certo profilo, Chiu Chen-Hung, con il suo carro a due ruote, rivestito di faglia d'oro, trasforma un popolare strumento di lavoro in una sfa-villante traccia memoriale. Wu Sih-Chin, dal canto suo, riproduce in scala ridotta angoli urbani degradati; Chou Yu-Cheng, invece, lavora sul simbolo pregnante della stella, dissimulato in una sequen-za circolare animata da pannelli vividamente colorati. La pittura tradizionale di paesaggio viene ricomposta da Luo Jing-Zhong in un'esperienza che sollecita il visitatore ad esplorare l'immagine da una molteplicità di punti di vista, mentre Tzeng Yong-Ning ne assume i contorni per farli esplodere in un'iperdecorazione dai toni cromatici variegati.
Incentrata su una dimensione schiettamente meditativa è l'installazione di Tsai Ting-Cheng dove, varcata una lattea cortina di tessuto, lo spettatore s'imbatte in un masso cosparso di semi, percorso due cavità, attraverso cui stringersi alla natura.
Consistente la presenza di video artisti, da Yao Chung-Han, con il suo "Segnale oceanico" a Wang Ha-Hui, che in "Visitatore" apre al fantastico gli ambienti quotidiani, dalle sequenze aeroportuali di Chen Wan-Jen alle "Città invisibili" di Tsui Kuang-Yu.
Dalla rassegna emerge una situazione composita, che all'acquisizione delle modalità espressive di matrice occidentale accompagna una molteplicità di opzioni individuali mature, schiudendo una "Porta d'Oriente" che Harald Szeeman vedeva, più di vent'anni fa', incorniciare un "camminare sulla fune" fra l'interno e l'esterno, con "un altro respiro", tra "eclissi e cerimonia, slancio della materia nei colori, amore per gli spazi".
[Sandro Ricaldone, 22/2/2011]