LA CITTÀ DELLA CULTURA
dal programma di Marco Doria
Genova dispone di uno straordinario patrimonio artistico, architettonico, culturale. Compito del Comune è quello di valorizzarlo al meglio, a partire dalle diverse istituzioni civiche, per arrivare alle migliori forme di integrazione con le realtà gestite da soggetti diversi, pubblici e privati. Queste ricchezze possono certo essere elementi fondamentali per lo sviluppo di attività economiche e turistiche, che l’amministrazione comunale deve opportunamente sostenere, ma devono diventare per tutti i cittadini, senza esclusioni, motivo di orgoglio e consapevolezza di appartenere a una comunità con una sua lunga storia, una risorsa comune e condivisa, uno strumento di crescita culturale e civile.
Questo vale per i beni e le strutture museali collocati nel centro urbano, nel centro storico di cui costituiscono il primo elemento per il suo pieno recupero, così come per quel patrimonio situato nelle diverse parti del territorio cittadino.
Una attiva politica culturale promossa dall’amministrazione comunale deve essere attenta anche al mondo della cultura scientifica. Proseguire e innovare l’esperienza solida del Festival della Scienza, intensificare i rapporti con l’Università sono scelte obbligate da compiere.
Una grande città come Genova dispone infine di una articolata rete di enti e soggetti attivi nel campo della lirica, della musica in generale, del teatro. Anche essi rappresentano un patrimonio della comunità, un prezioso elemento della sua cultura così come un fattore di qualità della città, oltre che in certa misura di tenuta sociale. Alla vita di tale rete di soggetti il Comune deve guardare con costante attenzione consapevole che anche in un momento di estrema difficoltà economica non si può uscire dalla crisi sacrificando la cultura e quanti operano in questo settore assolutamente strategico per il futuro della città e del paese.
Cultura e sviluppo
Cultura come leva per lo sviluppo. C’è un dato di riferimento obiettivo sulla base del quale si può misurare la trasformazione della città per quanto attiene la dimensione culturale e il suo progressivo ingresso nel novero dei centri di richiamo artistico e turistico. Esso riguarda il percorso compiuto (e le realizzazioni acquisite e consolidate) nell’ultimo ventennio. Mentre in precedenza era davvero difficile (se si esclude forse l’intuizione dell’Acquario all’interno del Porto Antico) trovare segni e orientamenti di una politica cittadina strutturalmente mirata a dare al settore il carattere di scelta primaria per lo sviluppo urbano e la crescita economica, dalla prima metà degli anni ’90, Genova ha praticato e ottenuto risultati concreti e ha mutato notevolmente la propria collocazione socio-produttiva.
“Tradizione” e “innovazione”: un rapporto fecondo. Si tratta di avere consapevolezza dell’effetto di complementarità raggiunto – soprattutto sotto la regia del Comune – nella capacità di intrecciare e integrare la qualità storica del patrimonio culturale ormai tradizionale (rappresentato dai Musei Civici, dal Teatro dell’Opera, dal Teatro Stabile di prosa, dalla straordinaria monumentalità diffusa su tutto il territorio urbano, a cominciare dal centro antico) con la funzionalità riattivata, ma anche del tutto originale, di obiettivi rilevanti come il complesso del Palazzo Ducale, della Commenda, del Chiostro dei Canonici, dell’Archivio di Stato, del grande Museo del Mare, il “Galata”. Solo per citare le acquisizioni più significative di un ventennio. Senza contare ovviamente il vasto sistema territoriale delle biblioteche, dalla centralità della nuova Berio a quelle di Nervi e di Voltri e il gran numero delle sale di spettacolo o di incontro riaperte, riabilitate e messe a sistema (da Sestri Ponente a Bolzaneto). Potendo dunque contare sulla rinnovata idoneità di tutto questo patrimonio, Genova sembra aver saputo ristabilire un rapporto fecondo tra il valore “precedente” delle proprie manifestazioni culturali e quello nuovo, consentito appunto dal più recente spirito della conoscenza e della divulgazione scientifica. Per dirla con due riferimenti: dal concorso internazionale di violino “Nicolò Paganini” al “Festival della scienza” e alla “Storia in piazza”.
Attenzione al contesto locale e a quello internazionale. Ma soprattutto, sia pure con un ritardo causato dalla non totale condivisione del progetto (ancora presente nelle istituzioni e fra le categorie produttive), è stato conseguito un risultato determinante, anzi indispensabile per ogni soggetto – in questo caso un’intera comunità – che voglia conquistare il titolo di produttore e fornitore di servizi e occasioni culturali: la continuità dell’offerta e l’elaborazione di progetti attinenti allo specifico storico e ambientale della realtà dove si opera e al tempo stesso la presenza di proposte collegate alla complessa eterogeneità del tempo che viviamo nella vasta dimensione mondiale.
Linee guida per una politica culturale
•
Una miriade di percorsi urbani. Per contro a quanto appena affermato, dobbiamo sapere che Genova non rientra fra le città che possano contare sull’immagine, sulla visualità di uno o più monumenti clamorosi (sulla notorietà dei quali si possa vivere, turisticamente parlando, come su un segno di valore assoluto e permanente). E che essa ha piuttosto il raro privilegio di possedere il percorso artistico e storico forse più completo e originale di una metropoli, cioè il più qualificato complesso architettonico e figurativo della sua millenaria vicenda mediterranea. Proprio partendo da questa consapevolezza, per Genova si apre una ancora inedita possibilità di richiamo culturale e di rendita turistica: saper costruire decine di percorsi urbani che consentano la gradevole conoscenza di una grande storia, dei suoi fasti domiciliari, delle sue sedi religiose, delle sue dimore extraurbane (oggi ben dentro il perimetro territoriale della città) e via annoverando. A questo scopo:- sarà necessario un progetto che potrà concretizzarsi solo con una pratica e una sperimentazione poliennale – il Comune dovrà avvalersi, oltre che della qualità dei propri specialisti di settore, anche delle competenze scientifiche e accademiche degli studiosi docenti della nostra Università – bisognerà realizzare un coinvolgimento più vasto rispetto alla settorialità umanistica e storico letteraria, che illustri le eccellenze genovesi anche in ambiti ingegneristici, medicali, giuridici e altri ancora.
•
Cultura come diritto di tutti. Accanto al lavoro di funzionamento continuativo e di progettualità espositiva delle istituzioni museali e culturali già attive, si pone con sempre maggiore urgenza la partecipazione dell’Ente locale (sempre inteso come riferimento primario della comunità) a tutte le fasi formative che aiutano e concorrono all’educazione e alla pratica concreta delle capacità creative dell’individuo, dalla fase prescolare all’adolescenza e alla maturità piena. Per rendere verosimile e raggiungibile un simile obiettivo è necessario partire da una constatazione autocritica: nonostante gli innegabili progressi compiuti per merito di tante amministrazioni democratiche che si sono avvicendate al governo della città, Genova resta (come tutti gli altri grandi capoluoghi del Paese) un territorio di permanenti e inaccettabili disuguaglianze sociali e civili che riducono, anche sul piano culturale e formativo, le possibilità di garantire a tutti i cittadini un percorso attuativo dell’educazione alla creatività e dei modi di attuarla. Questo obiettivo – sul quale si misura davvero la democrazia delle pari opportunità – resta lontano, ma ciò che conta è averne coscienza politica e proporre di riflesso il maggior numero delle scelte amministrative per raggiungerlo o avvicinarglisi in modo significativo e comunque misurabile nel tempo e nel raffronto con la situazione precedente, nel corso della durata di un ciclo amministrativo.
Dal punto di vista concreto, considerando le premesse delineate in precedenza, si dovrà prestare maggior attenzione ai seguenti aspetti:
•
Cultura come sinergia. Sarà necessario migliorare ulteriormente il coordinamento dell’offerta culturale e creare una collaborazione più profonda tra i musei, i teatri, le biblioteche, le scuole, l’Università e il Conservatorio musicale. La creazione di reti sinergiche tra ambiti e settori anche differenti fra loro dovrà essere accompagnata da un maggiore utilizzo dei nuovi sistemi informativi che permettano di rendere più chiara e fruibile l’offerta culturale presente in città e i percorsi tematici proposti. Si pensi al riguardo all’utilizzo dell’informatica e alla presenza sul web. In questo modo sarà più facile riscoprire il nostro patrimonio museale attraverso progetti che combinino interattività e partecipazione (al riguardo sono già presenti esperienze positive come quella del centro di ricerca universitario Casa Paganini). Cultura intesa come sinergia implica inoltre un riavvicinamento di Genova alle altre città del nord-ovest italiano, prime fra tutte Milano e Torino, con cui si potrebbero realizzare significative collaborazioni.
•
Cultura sostenibile. La cultura deve essere vista come una possibilità di risposta forte alla crisi, come motore di un cambiamento. Reagire alla riduzione delle risorse significa, da un punto di vista metodologico, dare ordine e chiarezza nella destinazione delle risorse stesse, interrogandosi su quale modello di organizzazione culturale si possa seguire e applicare. Le politiche culturali non devono essere concepite in termini di costo ma di investimento. La conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, la sperimentazione di nuove forme organizzative e collaborative di tipo orizzontale sono tutte condizioni primarie per riprogettare una crescita sostenibile.
•
Cultura come servizio. La cultura ha una funzione sociale di servizio pubblico, è un diritto e un bene di tutti e il suo senso di qualità concorre a migliorare lo stato di salute dei cittadini. La cultura è essa stessa salute perché svolge un compito fondamentale: rispondere alle domande di identità, al bisogno di sapere e di ricevere/offrire conoscenza. La chiave per restituire alla cultura questa dimensione di patrimonio collettivo è la qualità unita alla gratuità e all’apertura a tutti. Solo in questo modo è possibile una cultura che produca cittadinanza consapevole, che sia anche un osservatorio sul sociale che si ponga il problema di ristudiare le trasformazioni della società contemporanea e le interpretazioni condivise della realtà. Ecco la sua dimensione politica, nel senso più alto del termine: informare e formare. Argomenti quali la prevenzione o il risparmio energetico, possono così essere approfonditi, diffusi e fatti propri. La creazione di una cultura della responsabilità aiuta a condividere valori legati ad un diverso modo di vivere e di consumare ed è, soprattutto, strumento fondamentale per la formazione del cittadino come soggetto cosciente dei propri diritti e doveri civici.
•
Cultura partecipata. Cultura partecipata significa rimettere la persona al centro come soggetto, ribaltando l’idea che i cittadini possano essere solo un pubblico passivo dell’offerta culturale. Questo approccio deve essere seguito soprattutto nei confronti dei giovani, che troppo spesso scelgono di lasciare la città per cercare lavoro altrove. Per cogliere i punti di vista delle nuove generazioni è importante mettere in moto meccanismi partecipativi, favorendo concorsi e bandi riservati alle nuove generazioni, che stimolino confronto, creatività e, soprattutto, l’inserimento nel mercato del lavoro attraverso l’individuazione di nuove prospettive e aree professionali. Occorre promuovere forme di partecipazione positiva attraverso la creazione di nuovi “spazi laboratorio” (come la Sala Dogana a Palazzo Ducale o, per le sperimentazioni in ambito teatrale, l’esperienza delle La Claque del Teatro della Tosse) da mettere a disposizione dei giovani e delle forze artistiche emergenti. In questi luoghi sarà possibile confrontarsi ed evolversi, sviluppando le abilità e i talenti.
•
Cultura diffusa. Promuovere una cultura che ci leghi alla città, in particolare alla specificità e alla memoria dei suoi luoghi è fondamentale per uscire dalle situazioni di degrado non solo urbanistico ma anche sociale in cui versano diversi quartieri . La condizione per promuovere la coesione sociale è quella di fare della cultura una leva strategica per la riqualificazione dell’intero territorio urbano attraverso la programmazione di eventi, rassegne, incontri e mostre “diffuse” (presenti cioè non solo nel centro cittadino ma anche nei quartieri periferici. Tale politica di inclusione potrà avere numerose implicazioni positive: coinvolgere maggiormente gli anziani, i disabili e le persone ai margini o in difficoltà (unitamente all’abbattimento delle barriere architettoniche presenti sul territorio); recuperare e valorizzare aree ed edifici semi-abbandonati, riconsegnando ai cittadini nuovi spazi pubblici di socializzazione, aggregazione e integrazione (con dirette conseguenze in termini di sicurezza e controllo della legalità); promuovere l’integrazione tra generi, culture e generazioni, attraverso iniziative (si pensi all’esperienza del Suq al Porto Antico) che considerino e valorizzino le differenze, contribuendo alla creazione di una società plurale e interculturale.