tr@ct 33

settembre 2014 - ottobre 2015



Mostre e Recensioni



-  Lo spazio altro
    del libro d'artista


-  Stefano Grondona
    L'eccentrica visione


-  Claudio Costa e i musei

-  Ger Lataster
    alla Galleria Peccolo


-  Domenica Laurenzana:
    Tra il segno evidente
    e il segno nascosto


-  Omaggio a Cervantes

-  Adriano Accattino:
    dalla non pittura
    all'iperppittura


-  Outsiders: tre artisti
    fuori dagli schemi


-  Giuliano Galletta:
    il corpo come reperto


-  Angelo Gualco performer

-  Palma Severi - Mirella Tarditi:
    Sconfinamenti


-  Roberto Perotti:
    Beyond: Desire for the Infinite


-   Il Registratore Nucleare

-  Piero Simondo
    situazionista controcorrente


-  Beppe Dellepiane:
    "Carta santa"


-  Beppe Dellepiane:
    Pagine da "Carta santa"
    e altri lavori


-   Enrico Morovich:
    le stranezze del Ragioniere


-   Atelier San Marcellino
    Creatività e partecipazione


-   Giuliano Galletta
    Roman reussi e altre carte




 

BEPPE DELLEPIANE


Carta santa

(De Ferrari, Genova, 21 febbraio - marzo 2015)

Per Beppe Dellepiane le parole sono carne, gli oggetti si animano e il corpo è il supporto inevitabile di ogni possibile scrittura. Per questo anche la carta è viva , non più diaframma che ci separa dal mondo, ma essa stessa realtà concreta, biologicamente palpitante, mortale. La poesia può, quindi, di volta in volta, diventare veleno quanto farmaco, unguento cicatrizzante adatto a lenire, almeno per un momento, una ferita che rimane comunque colorata con pigmenti indelebili. Uso il corpo come / fosse carta / e la carta / come fosse corpo. Disegno e parola, incisione e concetto non sono giustapposti ma si confermano vicendevolmente di esistere, un’esistenza altrimenti così flebile da sfiorare l’invisibile, il mistico umanizzato dalla nevrosi. Sulle linee dei mistici / sulle righe dei laici. La carta è quindi santa, una garza da posizionare in uno spazio separato, per l’appunto, sacro, il luogo del dolore. Intima essenza di ogni fenomeno religioso, il sacro si presenta come razionalmente inesplicabile, concettualmente ine-sprimibile, mysterium tremendum et fascinans - come ha spiegato Rudolf Otto – l’assolutamente altro che terrorizza e al tempo stesso affascina, “dinanzi a cui ogni creatura è schiacciata nella propria nullità, nel suo essere fango e cenere e nient’altro”. Nel senso che tu sensi / mio signore. scrive Dellepiane e la sua, come ogni preghiera. è una speranza, un’estrema speranza che l’atto comunicativo, l’ostinato gesto vitale - Vivo scritto / come/ l’ombra zoppa/ di chi cade - impedisca all’inchiostro di corrodere le parole e al tempo di corrodere i corpi, nella consapevolezza che la morte / prega dopo.

Giuliano Galletta