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ANGELA MEDESANI: NOSTALGIE
di Sandro Ricaldone

 

Coniato sul finire del ‘600 per descrivere uno stato patologico, nato dal disagio della lontananza dal paese natale, il termine nostalgia è passato in seguito a designare uno stato d’animo antico e universale, il desiderio di un altrove, indietro nello spazio e nel tempo, il rimpianto per l’età trascorsa o per la felicità perduta. Questo sentimento, che gli artisti e gli scrittori romantici hanno lungamente coltivato, non è venuto meno neppure nell’attuale condizione postmoderna. Le trasformazioni in atto ne hanno però mutato il senso: da un lato, accentuando - di fronte all’incertezza del futuro - una ricerca delle radici che, portata all’estremo, ha dato origine a spinte regressive e tendenze xenofobe; dall’altro, mettendo l’accento sul viaggio, sull’itinerario tormentato fra una patria abbandonata ed una da ricercare, fra identità vecchie e nuove, in una tensione sovente drammatica fra l’origine e la meta.
E’ lungo quest’ultima direttrice che si dispone la mostra “Nostalgie. L’istante e la durata del tempo” allestita al Museo di Villa Croce, che – come ha tenuto a rimarcare la curatrice, Angela Madesani, durante la presentazione – trova una cassa di risonanza ideale nella nostra città, un tempo oggetto di rimpianto da parte degli emigranti e che oggi si trova ad albergare il malessere e la ricerca d’integrazione degli stranieri che la abitano.
Dal soggetto generale, la nostalgia, si diramano una serie di sottotemi che nel percorso della mostra s’intrecciano, a significare la complessità del fenomeno. Il più rilevante è senza dubbio quello del tempo, rappresentato sotto differenti angolature. Dall’opera di Roman Opalka che lo scandisce trascrivendo sulla tela un numero sempre crescente e scattando, al compimento di ogni tavola, una fotografia del suo volto, in un processo di ripetizione che segue asetticamente il fluire della vita. Dal video di Hiroyuki Masuyama (“Way 01.01.2001–31.12.2001”) che invece compone una serie di inquadrature d’una via riprese nell’arco di un intero anno in una sequenza che costringe l’avvicendarsi delle stagioni in pochi attimi. O ancora, dalla fotografia del mare davanti al Capo Sunio di Hiroshi Sugimoto, immagine immutata attraverso i secoli.
Connesso al tempo, il tema della memoria, toccato in particolare da Lena Liv in una installazione (“Beds”, 1999) costituita da tre grandi pannelli in cui affiorano, da una penombra simbolo forse d’oblio, i letti d’una una stanza abbandonata e un piccolo catino.
L’idea del luogo è sviluppata sia nel lavoro di Vincenzo Castella, una fotografia del centro storico di Genova che ne abbraccia le trasformazioni stratificate nel tempo, sia, allusivamente, ne “Le ossa di Shelley” (2008) di Federico De Leonardis, una lastra di travertino al cui margine viene accennato il moto delle onde che travolsero il poeta inglese nella baia di Lerici.
E quindi il viaggio, evocato come naufragio nell’installazione di Ines Fontenla (“Verso Itaca”, 2008) e come fuga da Senam Okudzeto, che inserisce nelle borse di plastica usate da un gruppo di fuoriusciti per trasportare i loro averi dei monitor che ripropongono immagini del loro esodo.
L’identità è invece richiamata nella video-installazione di Churchill Madikida, in cui l’autore tenta di ricostruire la storia della sua famiglia attraverso una raccolta di testimonianze, portando allo scoperto verità sconvolgenti. Più ironico l’approccio di Adrian Paci che - nell’“Isola dei Paci” (2003) – filma una serie di persone che affermano di chiamarsi “Paci”, mentre Tullio Brunone si affida alla tecnologia più avanzata per scandagliare il rapporto fra l’individuo e la sua immagine e la natura fantasmatica di quest’ultima.
Da tutto ciò (e ancora dalle opere di artisti noti come Roni Horn e William Kentridge, e di giovani come Elisabetta Benassi e Patrick Tuttofuoco) emerge uno sguardo che si rivolge, bifronte, al passato come al futuro, che – come annota in catalogo lo psichiatra Dario Feruglio – “scopre nella nostalgia la cura anziché il malanno”, riconnettendoci al sentimento, alla esplorazione del possibile.




 

Lettera sulle arti a Genova - a cura di Sandro Ricaldone      Home      Top      Contact