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Philip Corner e Phoebe Neville in Piano Activities Villa Croce febbraio 2002 Foto di Mario Parodi |
PHILIP
CORNER: “MUSIC IN FLUX” A VILLA CROCE di Sandro Ricaldone Mentre sta per calare il sipario su “The
Fluxus Constellation”, la mostra che ha tenuto il cartellone a Villa Croce per
quattro mesi, il Museo si accinge ad ospitare, nel pomeriggio di oggi, un nuovo
evento legato alla vicenda di questa singolare rete internazionale di artisti.
Focalizzato, questa volta, sulla produzione musicale di autori Fluxus o in
qualche modo contigui, per formazione ed orientamento. Ad idearlo è stato
Philip Corner, il personaggio che forse più di ogni altro ha continuato negli
anni a tener viva la radice musicale attorno a cui si sono determinati gli
incontri essenziali per l’avvio, nel 1962, dell’esperienza collettiva, con il Fluxus Internationale Festspiele Neuester Musik di Wiesbaden. “Da tempo” dice Corner “avvertivo la
necessità di riportare in luce questo aspetto di Fluxus che, all’interno del
gruppo, le esposizioni di oggetti e la pratica delle performances
rischiano di oscurare e che, all’esterno, si trova la strada sbarrata da quella
che io chiamo l’“avanguardia accademica” dei compositori post-weberniani. Così
ho pensato di utilizzare la ricorrenza del quarantennale di Fluxus per
presentare un programma che dia visibilità a questo tipo di ricerca che si
svolge all’incrocio fra musica e azione, fra composizione e improvvisazione;
che richiede strumentisti non solo dotati e competenti ma capaci di andare
oltre la modulazione del suono, di far percepire come musicali anche aspetti
solitamente non considerati”. Nel programma di “Music in Flux … a
Concert for Ensemble” (che sarà diretto dallo stesso Corner e vedrà la
partecipazione di musicisti come Nevio Zanardi, Fabio De Rosa, Alice Filigato e
di alcuni allievi del Conservatorio Paganini di Genova) compaiono pezzi di
sedici diversi autori, da Dick Higgins a Takehisa Kosugi; da Jackson McLow a
Geoff Hendricks. Nel brano introduttivo, “Piece of (Orchestra) Reality”, Corner
presenta l’orchestra e gli strumenti come “frammento di realtà” partecipe
dell’universo musicale. Mentre in “Music for face” e “Boundary Music” di Mieko
Shiomi, eseguiti in sequenza, gli strumentisti “impugnando il loro strumento
lentamente danno forma a un sorriso” e, quindi, “sempre sorridendo,
improvvisano suoni al limite del silenzio”. E ancora in “Anaga”, di Walter Marchetti,
gli esecutori ricevono dal direttore d’orchestra spartiti intonsi, dove
trascrivono i rispettivi brani musicali soltanto dopo averli suonati. In “A
Tone for Genova” - unica composizione musicale di Geoff Hendricks che assume il
nome dal luogo in cui viene, di volta in volta, eseguita - l’orchestra esce in
giardino ed improvvisa seguendo le sensazioni ricavate dall’osservazione del
cielo. “Si tratta di lavori”, commenta
Corner, “che si indirizzano all’esplorazione del suono e del mondo, con un approccio
minimale (ma non minimalista), che lascia spazio alla contaminazione fra varie
discipline artistiche od alla casualità come si riscontra in “Shuffle” di
Alison Knowles dove i suoni non vengono prodotti volontariamente ma vengono
determinati incidentalmente dagli strumenti che gli esecutori tengono in mano
mentre si muovono in fila strascicando i piedi”. Un approccio che risente del clima
newyorkese degli anni ’50/’60, nel quale si registrava una sorta di fusione fra
le arti, che il compositore ricorda con entusiasmo. “Allora ci conoscevamo
tutti: pittori, musicisti, poeti, ballerini. Tutti collaboravano ai lavori
degli altri: io ad esempio ho scritto musica per tutti i più importanti
coreografi e ballerini di quell’epoca. Il fatto di lavorare così spesso insieme
ci ha permesso di superare le barriere fra i diversi mezzi espressivi e di
realizzare contaminazioni
interessanti”. Da non confondere con certe forme di ibridazione in atto nella
musica di consumo, dove il rock dilaga a livello globale combinandosi con
elementi tratti dalle tradizioni musicali delle culture non occidentali.
“Questo fenomeno mi sembra negativo” conclude Corner, provocato sul punto.
“Perché impedisce l’incontro su un piano paritario tra forme musicali diverse.
Ma non sono contro il rock, come non sono contro la musica classica. La
politica di Fluxus non è quella di combattere o distruggere qualcosa. E’ di
aggiungere sempre esperienze nuove, altri modi per attraversare il mondo dei
suoni”. (giugno 2002)
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Lettera sulle arti a Genova - a cura di Sandro Ricaldone | Home Top Contact |