Piergiorgio Colombara





Piergiorgio Colombara, Exbronzo, 2004

Piergiorgio Colombara
Exbronzo, 2004





Piergiorgio Colombara, Exbronzo, 2004

Piergiorgio Colombara
Exbronzo, 2004





Piergiorgio Colombara, Exbronzo, 2004

Piergiorgio Colombara
Exbronzo, 2004












Freefind - Search this site

  Click Enter
Google - Search the Web

Click Enter
 



Piergiorgio Colombara
ORLIQUIA
Galleria Il Poliedro - Genova
Marzo-Aprile 2005

Ahimè. Sono come l'occhio che vede quello che vede. Il suo più piccolo movimento trasforma il muro in nubi, la nube in orologio, l'orologio in lettere parlanti. Forse è questa la mia specializzazione, la mia specializzazione è la mia mente. Essa si conosce come voi conoscete. Voi, la famiglia dei fedeli, voi, le anomalie della coniugazione dorica e voi la teoria delle forme quadratiche.  

 

              Paul Valery

 

 

In assenza di anime, Piergiorgio Colombara si occupa di cose e, più recentemente, anche di corpi, ovvero dei loro simulacri - abbigliamenti e armature - che alla fine risultano pur sempre l'essenziale.

Così operando, con invidiabile solitudine e metafisica gentilezza, egli ci fornisce più dosi di verità di quante ne renda abitualmente disponibile il cosidetto sistema della comunicazione, cioè il complesso della vita corrente. Questa constatazione, che non necessita di particolari qualità ermeneutiche ma solo di uno sguardo non troppo offuscato dal dereale, può servire come osservazione preliminare a un' opera complessa e stratificata che presuppone un lungo lavoro sul linguaggio della scultura che Colombara ha saputo rivitalizzare come pochi altri. Allo sguardo del semplice spettatore (ancorché affezionato), come è chi scrive, e non quindi del critico di professione o dello storico dell'arte, il punto di partenza del lavoro di Colombara è una precisa idea dell'oggetto che si va consolidando in una costellazione di artisti (basti citare Claudio Costa), a metà degli anni Settanta e che, semplificando molto, si potrebbe definire "antropologica", non soltanto nel senso di un recupero di ritualità che si ricollega a società organiche, utilizzate come pietra di paragone metaforica della contemporaneità, ma come sviluppo creativo del concetto di "valore-segno" elaborato da Jean Baudrillard nel campo dell'economia politica e della filosofia: nella società dei consumi "il carattere di feticcio della merce" prevale e il contenuto simbolico delle cose, in una dimensione che è però assolutamente secolarizzata, assume una nuova centralità, come avevano già visto bene le avanguardie storiche. Colombara si situa in questo contesto in modo originale e autonomo, spostando i piani del discorso e imponendo una poetica che, sin dai suoi esordi, risulta tanto coerente e omogenea quanto leggera e quasi impercettibile. L'immaginario di Colombara si caratterizza per la capacità di produrre forme del tutto sconosciute e al tempo stesso famigliari, sculture che sembrano oggetti d'uso, ma di un uso primordiale di cui è come avessimo smarrito il ricordo, messaggeri innocenti di quello che Freud ha chiamato il perturbante.

Uno dei modelli fondanti di questa pratica estetica è lo strumento musicale che Colombara destruttura con un attenzione sistematica che svela un'autentica passione. I suoi sono strumenti muti che certamente segnalano una mancanza, un'impossibilità, un vuoto, ma che al tempo stesso racchiudono una forza, una potenzialità, una speranza di superamento della soglia del silenzio.

Lo stesso avviene nelle innumerevoli altre forme che abitano la fucina mentale di Colombara, il suo laboratorio alchemico; ampolle reduci da un esperimento fallito, turiboli di un culto senza dei, urne senza ceneri, macchine a vapore senza vapore, forni senza pane, monumenti senza eroi, ex voto per miracoli mai avvenuti, gabbie pronte ad accogliere usignoli fuggiti dal paradiso, rastrelliere per sognatori, gioielli per ciclopi, vele di bronzo, navi instancabili, schiacciasassi per faraoni. Oggetti impensabili, che nel momento stesso in cui fuoriescono dalla fabbrica colombariana noi riconosciamo però come indispensabili.

Il procedimento creativo, infatti, prima desacralizza l'oggetto e poi lo risacralizza con un effetto che, senza addentrarci in complicate dimostrazioni, potremmo definire senz'altro Bellezza.

Il lievito di questa sublime gastronomia è la memoria. Intesa però nel suo senso più profondo che non è solo quello del ricordare ma quello del creare, la memoria quindi non come fonte ma come fine. Utilizzando l'inesauribile archivio della memoria che è (ed è meglio che sia) un disordinato magazzino di idee, persone, passioni, terrori il fabbro Colombara ci restituisce un'identità, instabile, zoppicante, frammentaria e proprio per questo tanto più funzionale, adatta ai tempi. Un'identità che è sua, ma un po' anche nostra.

 

Giuliano Galletta



(Per gentile concessione dell'Autore e della Galleria Il Poliedro)

 
 

 

Lettera sulle arti a Genova - a cura di Sandro Ricaldone      Home      Top      Contact