Entra nella Biblioteca dell'Egoista


    tr@ct - 14 ottobre 2000

numero 6



INDICE:

R.I.P. OR COMMUNITY WORK?

VIDEOSONORITA' INDIGENE

STRANIERI A GENOVA

PINTAPIUMA BLIND SHOW

RISORSE: FONDI & COLLEZIONI

ALLO I.U.M. LA CASA DELL'ARTE

UN LOGO DA BUTTARE


R.I.P. OR COMMUNITY WORK?

Non si può che concordare con Luca Borzani (assessore al decentramento e alle politiche giovanili del Comune) quando afferma che Genova è malata di nostalgia e di retorica. Che è una città che ancora non è arrivata a pensarsi come tale, afflitta da un municipalismo interno decisamente miope quando non revanscista. Più difficile è seguirlo nell’idea che manifestazioni come “Arti Visive 3 - L’occhio in ascolto” possano rappresentare una forzatura rispetto al tessuto culturale della città. Probabilmente i tassisti romani non frequentano assiduamente il Palazzo delle Esposizioni. E così la maggior parte dei genovesi non visiteranno le mostre allestite nel Sottoporticato di Palazzo Ducale e nella Sala delle Grida della ex Borsa Valori, aperta ad una manifestazione artistica dalla Camera di Commercio, con un significativo trapasso dall’investimento speculativo all’estetico. Di qui a pensare che la manifestazione che si inaugura oggi possa costituire una rottura e/o un punto d’avvio di un percorso capace di condurre innovativamente al 2004, quando Genova vestirà i panni di capitale europea della cultura, il tratto è lungo. Il fatto che sia stato raggiunto uno standard sovranazionale è positivo ma non può farci dimenticare che, per ora, l’aggancio è avvenuto in fascia bassa. Di qui una certa libertà (che ha consentito di presentare un artista estraneo all’omologazione dominante come Oscar Wiggli) ma un’autorevolezza limitata.

Al di là dell’episodio, continuiamo a rimarcare come a Genova faccia difetto un forum, un luogo di discussione e d’incontro. L’amministrazione segue vie proprie, il circuito privato è frammentato all’estremo, i singoli operatori (artisti, critici e via dicendo) si muovono in ordine sparso e quasi di riflesso. Per esempio: non sarebbe stato disagevole fare de “L’occhio in ascolto” una manifestazione di prima grandezza coinvolgendo appieno il Museo di Villa Croce (che ospita una rassegna fotografica di Roberto Masotti, ma riserva lo spazio principale ad altre iniziative) e un buon numero di gallerie cittadine, in analogia al collegamento stabilito con lo Showproject Pinksummer. E ancora: se è senz’altro da apprezzare la scelta di stabilire sul tema del rapporto immagine/suono alcuni “parametri internazionali” (Fontenia, Giovannelli, Mathis-Zwick, Wiggli) non sarebbe stato appropriato valorizzare anche le esperienze – sicuramente di livello comparabile - di artisti genovesi come Piergiorgio Colombara e Sonia Armaniaco?

La scelta, per quanto seccante possa apparire, si pone tra l’instaurazione di un “community work” e il r.i.p. (riposare in pace). “Think local, act local” è, anche nel tempo della globalizzazione, un’opzione praticabile. Per poterla attivare, però, occorre dismettere quella mentalità che Robert Putnam ha icasticamente definito con la formula “bowling alone”.  Non basterà, ma trovare un campo dove giocare insieme potrebbe servire.


VIDEOSONORITA' INDIGENE

Da “Arti Visive 3 – L’occhio in ascolto”, la rassegna-concorso organizzata per il Comune dal Centro della Creatività sotto la direzione artistica di Viana Conti e Guido Festinese, si ricava non soltanto il ragionamento svolto più sopra ma un panorama essenziale della giovane artisticità genovese. Panorama con luci ed ombre. Non al meglio autori come Daniele De Batté (un’apparecchiatura sonora inscatolata in foggia vagamente spaziale), Davide Ragazzi (pannello con profilo di mosca, ronzio, e registrazioni sul mercato dell’arte), Timothy Pagnotta (videoinstallazione con lingue tagliate e cuochi truculenti). Idem per Alessandro Chiossone che traduce “La bella Gigugin” nell’immagine di un lavandino colmo di stoviglie da lavare e per Alessandro Lupi che rappresenta invece la figura di una donna incinta illuminando con la luce di Wood un fascio di fili dipinti con colori fluorescenti mentre nell’ambiente risuona un ritmo martellante. Decisamente più interessante Lucrezia Salerno con immagini di mani rilevate con lo scanner in moto percussivo associate a cadenze musicali conformi. Significativi, anche se basati su uno schema costruttivo ormai abusato, gli esiti del trio Cipolli-Jasper-Teodorani (videoproiezione del varo di una nave associata alla sigla di Carosello, registrazioni di comunicazioni via radio ecc.). Stimolante “Orgonic Zone” di Paola Grassi, una struttura d’impianto geometrico rivestita in tessuto, che nasconde all’interno dispositivi, attivabili a pressione, per l’emissione di immagini e suoni. Così come “Vuovolo” del gruppo “Codiceabarre”, sorta di navicella-bozzolo per viaggiare nel silenzio.

Notevoli infine gli allestimenti, curati da “Actiesgroep”, gruppo di azione urbana, coordinato da Brunetto De Battè.


STRANIERI A GENOVA

Punteggiato di presenze straniere, a Genova, l’avvio della nuova stagione espositiva. Oltre ai quattro artisti, cui già s’è accennato, che definiscono i “parametri internazionali” de “L’occhio in ascolto”, si registra – nell’ambito della stessa iniziativa – una sezione dedicata, in funzione di uno scambio transnazionale, con quattordici artisti berlinesi che fanno capo alla Fondazione Tacheles ed alla Meinblau Galerie Projektraum.

Fra i lavori ospitati nella Sala delle Grida dell’ex Borsa Valori appaiono rimarchevoli gli ambienti sonorizzati con rumori quotidiani di Fly-Ralf Menzel, l’installazione mobile di Markus Krieger (una struttura di pali legati da bande elastiche, mossa irregolarmente da un motore nascosto) come pure gli scenari speculari imbastiti da Thilo Hammermaister e l’allestimento interattivo di Armin Ketter, “Morgens”, dove un video nascosto dietro lo specchio d’un bagno sovrappone al volto del visitatore un’apparizione mostruosa.

Godibile anche la pittura in progress di Brigitte Malknecht, fatta di immagini che si intrecciano e si inseguono di foglio in foglio, di tela in tela, secondo un processo che si vuole continuo e inarrestabile come il fluire degli accadimenti mondani.

Della mostra di Ceal Floyer da Pinksummer (che annuncia per il 29 ottobre una performance ed una installazione di Giorgina Starr) si è detto nel numero scorso. A Villa Croce, fino a novembre, è visibile una rassegna, “De finibus terrae”, di Reiner Wittenborn, promossa dal Goethe Institut Genua, cui la profondità dell’impegno politico ed ecologico non riesce a trasmettere una vibrazione coinvolgente. Dall’iniziativa del Goethe proviene anche la mostra di Maria Theresia Litschauer “Nietzsche in Italia. Testo-immagine-scrittura”, definita come un cross-over di arte e filosofia, in corso da Leopardi/V-idea.

Dalla Svizzera (in maggioranza da Thun) provengono, invece, gli artisti che propongono nella sede temporanea di Rebecca Container a Palazzo Ferretto, sino al 5 novembre, “Mare Nostrum”. Qui non convincono del tutto gli allestimenti di Reto Leibundgut (“Bulesumme”, mare increspato e barca realizzati con detriti in plastica), di Dominik Stauch (“On stage”, pannelli in vetro con forme geometriche appoggiati alla parete), di Paul Le Grand (“Trompe-l’oeil”, installazione di specchi a losanga, che ripetono il disegno del pavimento e riflettono il soffitto) e di Roberto De Luca (“Cartoline della memoria”). Apprezzabili invece gli esiti di Chantal Michel: una sequenza di tele, incastonate nelle cornici vuote di una sala spogliata delle decorazioni originarie, che sembrano fissare, in toni evanescenti, una performance esaurita, il passaggio di una figura femminile (“La mattina successiva era completamente disciolta”).  E di Heinrich Gartentor, con Mare Nostrum, un ambiente sonorizzato con dodici differenti rumori legati al mare.


PINTAPIUMA BLIND SHOW

Blind Show nasce da un’idea di Giovanni Rizzoli e Claudio Ruggieri: esporre la fotografia trovata.
Avendo Claudio Ruggieri trovato una macchina fotografica circa un mese fa’ sulla riva dell’isola della Giudecca a Venezia, Giovanni Rizzoli decide di mostrare le foto come opera artistica, quali esse fossero dopo lo sviluppo del rullino, che include anche due fotografie (le ultime) scattate da Claudio Ruggieri a Giovanni Rizzoli.
I due artisti decidono di esporre insieme nell’occasione dell’ultima mostra della galleria Pintapiuma a Genova, per affermare il loro sodalizio che dura dal 1987 e che sin riafferma con le mostre del 1990, del 1992 e del 1999.”
Si tratta, con tutta evidenza e come gli autori stessi confermano, di un’operazione di natura concettuale. Che investe non tanto il tema dell’indeterminazione, quanto l’uso di tecniche artistiche (come appunto la fotografia) in funzione di una pretesa attualità che si sostanzia di implicazioni commerciali. E la costruzione di scenari artistici artificiali, cui non corrispondono valori effettivi.
Sovente le guerre non si dichiarano ma vengono innescate da scaramucce in apparenza marginali. E il potere di figure a lungo dominanti come Celant può anche risultare fondato su niente altro che un’abitudine consunta. Di certo sono fragili le radici della crescita esponenziale di artisti come Maurizio Cattelan e Vanessa Beecroft, che si dice in realtà imposta da sommovimenti verificatisi nella scena newyorkese, segnatamente dalla presa di potere di Jeffrey Deitch, inventore negli anni ’90 del trend post-human e banditore oggi del pop-verismo di “Street Market”.
La mostra segna la chiusura della sede genovese di Pintapiuma, succeduta alla ormai storica Pinta da due anni, dopo le esperienze espositive milanesi di Claudio Ruggieri, ora in procinto di rinnovarsi. All’attivo più di settanta mostre, molte delle quali straordinarie (citiamo soltanto quelle di Not Vital, Peter Nagy, Emil Lukas, Enrico Barbera, Giovanni Rizzoli, Sossella e Formento, Luca Vitone, Roberto Costantino, Chiara Dynys, Daniel Rothbart, Alighiero e Boetti, Lucio Pozzi) di cui solo alcuni collezionisti sembrano aver preso debita nota.  Il quaderno del Museo di Villa Croce dedicato alle gallerie genovesi pubblicato (opiniamo, dato che il colophon non ne fa menzione) nel 1995, e finanziato con fondi pubblici, non la menzionava neppure.


RISORSE: FONDI & COLLEZIONI

Tre note a proposito di risorse cittadine.

- Paolo Minetti accennava qualche giorno fa’, in una sede pubblica, al destino ancora non definito della Collezione Wolfson. L’affidamento alla Fondazione Regionale Colombo (di cui Minetti è vice-presidente) non sembra aver quindi risolto i problemi registrati in precedenza.  Al patrimonio della Collezione attingono altre città, come Parma (con mostre come “La visione del prisma” e “Depero e Rubino” tenute a Palazzo Pigorini tra fine 1999 e inizio 2000), mentre rimane inaccessibile ai cittadini.

- Una visita alla grande retrospettiva di Cesar Domela, allestita dal Museo cantonale di Lugano, mostra come larga parte dei materiali (in specie fotografie, collages, bozzetti) provenga dal Fondo Domela raccolto dai galleristi genovesi Alberto Ronchetti e Gianni Martini.  Non sarebbe stato logico aspettarsi che una rassegna pubblica di questo genere fosse inaugurata qui?  O, quanto meno, cercare di predisporne il trasferimento?

- La Fondazione Eugenio Guglielminetti di Asti ha organizzato presso il Centro di Cultura e d’Arte Luigi Bosca una mostra sull’opera di Gianni Polidori, scenografo e pittore, la cui vicenda biografica si lega strettamente alla cultura teatrale (e non solo) della città. I lavori in mostra fanno parte della donazione dell’artista al Museo Biblioteca dell’Attore. Canelli, fortunatamente, è più vicina della Svizzera.


ALLO I.U.M. LA CASA DELL'ARTE

L’Istituto delle Utopie e delle Merci, animato da Paolo Minetti e Vittorio Dapelo, ce l’ha fatta. Ha ottenuto dal Comune l’incarico di allestire la Casa dell’Arte in Darsena. Il vero banco di prova consisterà però nel mobilitare le risorse indispensabili per consentirne il funzionamento. Qualche decina di collezionisti e di esponenti della cultura ha già aderito all’iniziativa. Ma non crediamo che il problema del finanziamento possa venir risolto strutturalmente attraverso i contributi dei privati. Né sembra, al momento, che si profili la possibilità di legami con sponsors istituzionali. La Fondazione Carige, che sarebbe stato il candidato più naturale, si è impegnata nel finanziamento di importanti restauri (Palazzo Doria Spinola, la Chiesa del Gesù e Palazzo Reale, in aggiunta agli interventi già previsti) ed ha avviato un programma di avvicinamento al 2004 che prevede, di anno in anno, iniziative dedicate al teatro, all’arte, alla musica ecc. E la decisione del Comune di salvare il Museo di Villa Croce, di cui la Società di consulenza Roland Berger aveva previsto la chiusura, rende le cose ancor più complicate.


UN LOGO DA BUTTARE

Quale logo scegliere per il 2004? Non sappiamo da chi siano stati elaborati i due simboli proposti (visionabili nella homepage del Il Secolo XIX). Posti di fronte a questa alternativa, propendiamo per una terza soluzione: scartarli entrambi.

 



 

HOZRO

SR WEBPAGE

OCRA

CLIMA

 

 

Tr@ct è una lettera sulle arti a Genova, diffusa ogni mese da Sandro Ricaldone.
Per chiedere e fornire informazioni o sospendere l'invio inviare un messaggio a tract@ocra-ufficio.com

tr@ct/home tr@ct/archive tr@ct/links tr@ct/resources tr@ct/e-mail