IN PRINCIPIO ERANO I COLORI
di Sandro Ricaldone
 
"Ho tirato fuori i colori e mi sono seduta sul tappeto con le
gambe incrociate, ho preso i pastelli rossi verdi grigi e arancioni e il carboncino e ho cominciato
a darci dentro ...".
Si ritrae così, intenta a disegnare, Rossana Campo, nelle prime
frasi del suo volume più recente: "Sono pazza di te". A testimoniare come quest'incipit non fosse
mera invenzione narrativa, la copertina del libro riportava uno schizzo di mano dell'autrice dove
campeggia la figura color rosso mattone d'una ragazza con a fianco un gatto dal manto tigrato.
Nello spazio di pochi mesi, da quel primo lavoro si è generata
una sequenza di tele di grande formato, esposte per la prima volta da Pintapiuma in una mostra che
segna il suo esordio come pittrice. Anticonvenzionale anche in questo, Rossana Campo non dissimula
per nulla i propri riferimenti espressivi: in primo luogo il Dubuffet ribelle alle pastoie
dell'"asfissiante cultura", teso a recuperare nella produzione visiva dei marginali i termini di una
modalità artistica pervasa da "un clima di festa e d'innocenza, come se non esistessero musei, né
critici o mercanti di quadri", in un percorso che - come ha osservato Michel Thévoz, forse il massimo
studioso dell'Art Brut - doveva procedere "dalla gioia piuttosto che dall'iniziazione".
Quindi l'Appel del "Psychopathological Notebook", l'intenso ciclo
di tempere e disegni nato negli anni della sua appartenenza al Gruppo CoBrA (1948-1950) ed ispirato
alle manifestazioni artistiche dei ricoverati in strutture psichiatriche. E, ancora, il Mirò capace
di evocare "il colore dei sogni".
Ma l'intento che anima questi dipinti non va identificato nella
competizione - che sarebbe d'altronde azzardata - con personalità artistiche come quelle citate, e
neppure nella pratica subalterna del pastiche. L'autrice sembra essersi spinta piuttosto alla
ricerca di un linguaggio pittorico libero da impacci - immediato nel segno e coinvolgente nel colore
(equiparabile, in certo modo, al "parlato" sintetico ed impulsivo adottato nei suoi racconti) - che
le consentisse di trasfondere nello spazio circoscritto della tela le tematiche più intimamente
avvertite.
Con "Le belle Nanà", Rossana Campo ha realizzato una galleria di giovani donne che rivelano, nei
profili appesantiti e debordanti, la presa di coscienza della trasformazione del loro corpo,
l'esuberanza e il disagio di un tempo caratterizzato dallo sviluppo fisico e dall'emancipazione
dal nucleo familiare. "Pensate alle volte che vi siete detti: non so scrivere, non so correre, non
so ballare, non sono all'altezza, non sono accettata per quella che sono" recita una frase che
affiora tra i colori squillanti della "Ragazza sull'erba", a rimarcare l'angoscia latente che spesso
accompagna gli anni dell'adolescenza.
C'è però anche humour e ironia nei dipinti che scandiscono
l'ambiente della galleria animata da Claudio Ruggieri: evidenziati in particolare nella "Ragazza con
il maiale", ove la goffaggine dei due soggetti dà luogo ad un corto circuito esilarante. E c'è,
soprattutto, al di là della patina giocosa, un'affermazione forte dell'identità femminile, tenuta
sovente sullo sfondo, ma che balza in primo piano in un lavoro che raffigura una donna che partorisce
una figlia che a sua volta dà alla luce un'altra bambina, significativamente intitolato: "Noi non
moriremo mai".
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