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VINCERE E PERDERE IL 2004 Il
2004 Genova non lo perderà, crediamo, agli occhi del mondo. Non lo vincerà
nemmeno, ma grazie alle esperienze compiute, riuscirà ad evitare la magra
figura del 1992. Le Colombiane di allora e il G8 hanno convinto le istituzioni che
l’investimento nel recupero di vie, palazzi e moli sia un obiettivo visibile e
apprezzato dai cittadini. Ed è vero. E’ probabile, quindi che – se arriveranno
fondi dal governo – si continui a restaurare. In ogni caso, anche senza
finanziamenti dal centro, quattro o cinque mostre si potranno allestire: quella
di Luca Cambiaso, già ufficiosamente presentata; un’altra curata da Celant che
in prima battuta doveva vertere sulla fotografia ma sembra essersi attestata
sul rapporto fra arti visive e architettura. Di altre inziative non si sa gran
cosa. Se non che le più svariate associazioni riversano sull’amministrazione
proposte quasi tutte centrate su un passato che si presume glorioso e che fu,
né più né meno, come tanti altri. In
forma non ufficiale l’Amministrazione uscente ha dichiarato, per bocca del
sindaco, che l’azione più concreta alla sua portata consiste nel non mettere i
bastoni fra le ruote. Resipiscenza degna di plauso. Per il resto, la solita
musica: soldi non ce ne sono, se volete far qualcosa trovate degli sponsors.
L’assessore Gabrielli, sotto la cui responsabilità sono stati avviati molti
discutibili progetti urbanistici (dalla Darsena alla Fiumara), con una
sincerità di cui gli va dato atto ed una prosopopea del tutto fuor di luogo,
ha rincarato la dose, sancendo che la cultura attualmente espressa da Genova
non ha stars spendibili ijn ambito internazionale (salvo, presumibilmente,
quelle consacrate all’estero, come Piano, Celant, Sanguineti e – magari –
Vanessa Beecroft) e quindi non ha titoli per chiedere alcunché. Certo la
qualità e l’intraprendenza di personaggi dello spessore di quelli citati non va
disconosciuta né minimizzata. Ma pensa forse Gabrielli che costoro abbiano
imparato tutto fuori dalle mura cittadine?
Che abbiano frequentato altrove un master in genialità? Che non ci siano
stati in città artisti che in una situazione locale più favorevole avrebbero
ricevuto un ben diverso riscontro? Non proseguiamo, per non offendere la
decenza. Su
basi del genere si può costruire, ad essere ottimisti, ben poco. Degli scenari
culturali immaginati dagli esponenti dello schieramento avverso non sappiamo
nulla e probabilmente nulla sanno
neppur loro. L’esperienza della nuova giunta regionale in materia è
esaustiva ed esemplare. Sarà così che Genova finirà per avere delle facciate un
po’ più decorate, banchine up to date, ma perderà il 2004 ai suoi propri occhi, senza nemmeno saperlo. A
meno che quella coesione fra alcune parti dell’apparato pubblico ed una
molteplicità di soggetti privati che sembra oggi in fase di sperimentazione non
riesca a consolidarsi ed a coinvolgere i vari protagonisti istituzionali in un
progetto che vada oltre la pura retorica e la routine. Poiché
sognare ad occhi aperti è ancora lecito, anche se piuttosto difficile, proviamo
ad immaginare un programma per i nuovi amministratori in tema di arti visive,
suddiviso in due categorie: a) quel che costerebbe poco e b) quel che si potrebbe comunque fare senza
rovinarsi. a.1) definire
le direttrici del proprio progetto di sviluppo culturale, fornendo agli
operatori dei diversi settori un quadro di riferimento chiaro entro cui
collocare le proprie attività; a.2)
potenziare l’azione per la ricerca di sponsors (che ora conta solo su
una pur impegnata funzionaria investita del marketing dei musei) con
l’intervento diretto degli assessori e del sindaco; a.3)
redistribuire le risorse erogate da enti come la Fondazione Cassa di
Risparmio, destinandone una quota adeguata alla contemporaneità; a.4)
realizzare un portale multilingue della cultura genovese che porti in
rete le manifestazioni realizzate in loco; a.5)
promuovere un festival annuale delle arti visive, dedicato a un tema o
ad una nazione europea, da realizzare in collaborazione fra le gallerie d’arte
contemporanea, con uno stanziamento che copra le sole spese di trasporto e di
assicurazione. b.1)
introdurre un budget per gli acquisti di opere di arte contemporanea
(minimo 500.000 euro); b.2)
attribuire al museo di Villa Croce un budget adeguato per le mostre
temporanee (minimo 1 milione di euro); b.3)
reperire e attrezzare una sede (paragonabile ad una Kunsthalle) idonea
ad ospitare esposizioni di arte contemporanea; b.4)
(gratuito ma dipendente da quanto indicato in b.3) ottenere in prestito da privati opere d’arte
contemporanea da esporre al Museo di Villa Croce, al fine di variare e
aggiornare ogni anno l’esposizione stabile; b.5)
espandere il supporto ai giovani individuando una struttura in grado di
consentire esposizioni temporanee continuative e scambi con altre città
europee; b.6)
risolvere il problema degli studi per gli artisti, destinando loro (a
prezzo politico) locali in stabili ristrutturati del centro storico,
sull’esempio delle “Subsistances” di Lione; b.7) creare,
al fine di riannodare i rapporti con la scena internazionale, un premio annuale
per un artista ospite, che possa essere accolto in città per almeno 6 mesi
(assicurandogli, sul modello delle borse DAAD di Berlino, una residenza studio,
una mostra al Museo d’Arte Contemporanea, oltre all’acquisto di una o più opere
ed impegnandolo in contropartita a svolgere workshops aperti ai giovani artisti
ad incontrare pubblicamente la cittadinanza ed
a presentare la sua esperienza nella nazione di origine). Una sola precisazione: tutto quanto indicato alle
voci che precedono, non arriva ad integrare neppure uno standard minimo, per
una città che voglia semplicemente dichiararsi europea, tralasciando il preteso
status di capitale culturale. | |
Lettera sulle arti a Genova - a cura di Sandro Ricaldone | Home Top Contact |